Savona, il velo a Epaminonda nudo a un convegno islamico e l'ipocrisia dell'indignazione

Savona, il velo a Epaminonda nudo a un convegno islamico e l'ipocrisia dell'indignazione
di Mario Ajello
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Martedì 17 Aprile 2018, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 18:41

Indignarsi per la statua di Epaminonda velata durante un convegno di musulmani, a causa della nudità del condottiero tebano? È ipocrisia. Gridare allo scandalo perché, nello stesso convegno organizzato in Liguria dalla Confederazione Islamica Italiana, è stato spostato un quadro raffigurante la schiena scoperta di una donna? È un errore.
Eppure tutti - da Matteo Salvini in giù - non fanno che lamentarsi per l'oltraggio che sarebbe stato perpetuato ai danni della nostra cultura, anche se il drappo rosso sul corpo di Epaminonda è stato messo durante un incontro tra musulmani e secondo il codice del rispetto del pudore che appartiene alla loro religione. Sentirsi offesi da questo è ipocrita e paradossale. Perché non si fa altro, in Italia, in Occidente, che lamentarsi - anche a ragione - per il nostro scarso orgoglio identitario, per la fiacca consapevolezza della forza della nostra cultura, che non può prendere lezioni da nessuno e non deve prenderne.
Ma allora, appena ci si trova di fronte a chi tiene in maniera fortissima alla civiltà di appartenenza, bisognerebbe riconoscere le ragioni di questo atteggiamento. Non demonizzarle. Ricorrendo anche, basta vedere i social oltre che le prese di posizione politiche, a espressioni magniloquenti come Ligurabia. Come se Levante e Ponente fossero caduti in mano degli arabi del feroce Saladino e mamma li turchi. Macché. Liguria, Europa.
Nel senso che chi è consapevole della forza della cultura europea non può avere paura di un drappo. Sa che un velo non cancella le radici. Capisce che la libertà propria coincide con la libertà degli altri (perciò furono velate due statue ai Musei Capitolini in onore della visita del presidente iraniano Rohani) e dunque la laicità non può farsi inibire da un telo.
Proviamo per esempio a ribaltare la situazione. Se in un convegno tra cristiani, in una sala prestata da un Paese islamico, avessimo trovato segni blasfemi, non avremmo anche noi - legittimamente - messo un velo, per la durata dell'evento, a immagini ai nostri occhi irriverenti? Il che non significa - laicità, come insegnava Voltaire, è anche saper guardare le cose spiritosamente - che non faccia sorridere la gonna messa a Epaminonda.
La cui storia è quella di un condottiero che secondo gli storici sognava una Grecia unita, composta da federazioni regionali democratiche. Di questo avrebbe potuto spiritosamente parlare Salvini - io come Epaminonda - invece di allestire tra gli applausi una guerricciola di civiltà, su un episodio interessante ma che non la merita.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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