Panama papers, online 11 milioni di file: creato un sito dal quale tutti possono curiosare

Panama papers, online 11 milioni di file: creato un sito dal quale tutti possono curiosare
di Flavio Pompetti
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Martedì 10 Maggio 2016, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 11:32
NEW YORK - I Panama Papers sono ora dominio pubblico. Ieri sera il comitato internazionale di giornalisti che ha avuto tra le mani per due mesi il dossier bollente delle società offshore ha organizzato il materiale in un database di consultazione universale, al quale si accede come a un qualunque altro motore di ricerca. All'interno del sito offshoreleaks.icij.org c'è il succo di 11,5 milioni di documenti che mostrano gli spostamenti di capitale, e delle 200.000 società costituite per occultare la loro esistenza tramite conti esteri. Il bottino è stato sottratto da un hacker anonimo che si firma con il classico pseudonimo americano John Doe, e che ha saccheggiato 2,6 terabytes di dati custoditi dalla società di assistenza finanziaria Mossack Fonseca. Il pirata è motivato come ha scritto la scorsa settimana al giornale tedesco Sutteutsche Zeitung che gli fa da referente, dal desiderio di «esporre tutti i crimini» collegati al carteggio, e dimostrare il ruolo che la finanza offshore ha nell'accentuare la disuguaglianza economica che si sta creando in tutti i paesi ad economia avanzata.

LE RIPERCUSSIONI
Finora la pubblicazione del dossier ha contribuito a pochi casi di incriminazione, come ad esempio l'arresto e l'estradizione in Usa di Nidal Waked, un cittadino spagnolo, libanese e colombiano che l'Fbi considera uno dei maggiori esperti nel riciclaggio di denaro sporco. Effetto delle rivelazioni è stato piuttosto la pressione politica che ha portato alle dimissioni del pm islandese Sigmundur Gunnlaugsson, e all'imbarazzo di centinaia di altre figure pubbliche i cui nomi compaiono nelle liste. E' emerso anche il ruolo che il ricco mercato dell'arte ha nell'occultamento di valuta e spesso anche nella compravendita di opere di provenienza furtiva, come il Modigliani “Uomo Seduto con il Bastone” sottratto dai nazisti alla famiglia Stettiner durante la guerra, e ora nelle mani del gallerista americano David Nahmad.

E' apparso ieri un appello firmato da 300 economisti di tutto il mondo, tra i quali il francese Thomas Piketty, il Nobel Angus Deaton e l'americano della Columbia University Jeffrey Sach, nel quale si invocano misure di controllo da parte delle autorità internazionali e dei singoli governi, che rendano trasparenti le manovre. Nell'analisi degli estensori del documento, la fuga di capitali colpisce soprattutto i paesi più poveri con una perdita di almeno 170 miliardi di dollari l'anno in tasse non riscosse. La Gran Bretagna fa la parte del leone nei Panama Papers, con due terzi dei conti esteri collocati dalla Mossack Fonseca presso il territorio controllato dalla corona nell'arcipelago caraibico delle Virgin Islands. Panama che dà il suo nome al dossier, è seconda nella lista dei paradisi fiscali preferiti dai consulenti del gruppo per l'apertura dei conti. L'architettura che permette ai ricchi di tutto il mondo di far sparire il denaro negli anonimi forzieri dei caraibi e di Hong Kong (si parla di un volume globale di oltre 10.000 miliardi di dollari, cinque volte il pil italiano), non sarebbe possibile senza l'approvazione del governo inglese, così come di quello americano nel caso di Panama.

A Londra tra due giorni si terrà un summit mondiale contro la corruzione che vede la partecipazione di 40 paesi, della World Bank e del Fondo Monetario Internazionale. Gli economisti firmatari dell'appello si augurano che possa essere questa la sede per una denuncia della pratica dei conti bancari offshore, e che dalla riunione vengano segnali positivi per un nuovo regime di regole che la renda più trasparente.