Isis, Obama: sì ai raid aerei, via a campagna senza sosta

Il presidente Usa, Barack Obama
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Giovedì 11 Settembre 2014, 00:58 - Ultimo aggiornamento: 18:01
Li colpiremo ovunque. Li distruggeremo. Non c' alcun paradiso sicuro per chi minaccia l'America: a poche ore dal tragico anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, Barack Obama ha parlato in diretta tv alla nazione per spiegare la necessità di lanciare una nuova offensiva militare contro il terrorismo islamico. Quello degli jihadisti dell'Isis che avanza in Iraq e Siria, e che rischia di diventare un pericolo serio anche per l'Occidente.



La strategia. «Piccoli gruppi di assassini possono fare gravi danni. Per questo dobbiamo rimanere vigili» ha detto il presidente americano in quello che in molti considerano come il discorso più delicato della sua presidenza. Lui che voleva chiudere un decennio di guerre si ritrova, suo malgrado, a dover combattere.
«Ma, a differenza di 13 anni fa - ha detto - l'America non sarà trascinata in una nuovo conflitto come in Iraq o in Afghanistan. Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero». Ma, allo stesso tempo, Obama ha annunciato l'invio a Baghdad di altri 475 soldati, che insieme ai consiglieri militari già inviati nelle scorse settimane faranno salire la presenza armata degli Usa in Iraq a circa 1.600 unità. Il loro compito non sarà quello di partecipare a missioni di combattimento, ma di difendere il personale Usa e di supportare, non sul campo, le forze irachene.



Gli attacchi. Obama paragona la strategia che verrà adottata contro l'Isis come quella già portata avanti «con successo in Yemen e Somalia». Una campagna «sistematica» fatta di massicci bombardamenti aerei, quelli che ora colpiranno gli uomini del califfo al Baghdadi ovunque essi siano, anche in Siria. Raid che avranno l'obiettivo di sostenere l'azione delle truppe che combattono contro gli jihadisti sul campo: iracheni, curdi e i gruppi di ribelli siriani considerati più moderati che riceveranno aiuti militari. «Ma non ci possiamo fidare del regime di Assad - ha detto - un regime che terrorizza il suo popolo. Useremo tutta la nostra potenza aerea nell'ambito di una campagna prolungata e senza sosta».



La coalizione internazionale. Obama parla di «strategia articolata» che va oltre l'opzione militare. Insieme agli alleati si lavorerà su tutti i fronti per indebolire sempre di più l'influenza dell'Isis: dalla lotta alla propaganda jihadista, agli aiuti umanitari alle popolazioni minacciate, alla lotta per contrastare il flusso di combattenti stranieri (anche dall'Occidente) in Iraq e Siria. «L'America guiderà una vasta coalizione per respingere la minaccia terrorista e distruggerla», spiega Obama, sottolineando come «solo l'America ha la capacità e la volontà di mobilitare il mondo contro il terrorismo. E gli americani hanno la responsabilità di esercitare questa leadership».



Il messaggio al mondo musulmano. Poi un messaggio rivolto al mondo musulmano: «L'Isis non è l'Islam. Perché nessuna religione può giustificare l'assassinio di persone innocenti e la barbarie». E di fronte alla furia jihadista i musulmani, sottolinea il presidente Usa, finora hanno pagato il prezzo più alto in termini di vittime. Intanto, poche ore prima del suo discorso, Obama ha autorizzato 25 milioni di dollari in aiuti militari al nuovo governo iracheno e al governo regionale dei curdi in Iraq.




Kerry: nuovo governo Iraq colonna per i nostri sforzi anti-Isis. «Stiamo unendo il mondo contro una minaccia comune» ha detto segretario di Stato Usa John Kerry, secondo il quale «la strategia del presidente (Obama) avrà successo perché realizzarla con i nostri alleati e partner non è solo brillante, ma è anche forte. Oggi sono stato a Baghdad per incontrare il nuovo governo di larghe intese iracheno, che forma la spina dorsale dei nostri sforzi anti Isis. Nei prossimi giorni viaggerò nel Medio Oriente e in Europa per continuare i nostri sforzi diplomatici per affrontare una minaccia comune con una posizione comune. Facciamo questo sapendo che la leadership americana è indispensabile e che non possiamo distruggere questo gruppo (l'Isis) da soli. Per sconfiggere questo nemico comune ci vuole una causa comune e noi la affrontiamo per vincere insieme».



I nodi. Kerry ha in agenda incontri con i suoi colleghi di Egitto, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Kuwait, Barhein e Oman. Non sarà facile convincere alcuni degli alleati chiave ma recalcitranti a collaborare attivamente alla coalizione anti-Isis. A cominciare da Riad, che non sembra disposta a sbilanciarsi troppo in una guerra contro lo Stato Islamico che potrebbe provocargli contraccolpi con gli integralisti sunniti all'interno del regno. Non a caso, Kerry andrà a parlare con la leadership saudita direttamente da Baghdad. Non sembra semplice neanche la partita con la Turchia, che non vede certo di buon occhio la fornitura di armi ai curdi, e che teme rappresaglie da parte dei miliziani dell'Isis sui 49 turchi che ha catturato quando lo scorso giugno si è impadronito della città irachena di Mosul.



La Francia Chi è disposto a partecipare anche ai raid aerei è la Francia: Parigi prenderà parte «se necessario a un'azione militare aerea» sull'Iraq contro lo Stato islamico, ha detto infatti il ministro degli Esteri Laurent Fabius. Mentre l'Italia no: «Gli Usa hanno deciso di fare raid aerei, noi abbiamo scelto un'altra strada», ha spiegato il ministro della Difesa Roberta Pinotti, sottolineando che «l'idea di oggi è che dobbiamo sostenere e rafforzare gli attori locali che possono fermare l'Isis all'interno dei loro territori». E a questo proposito Pinotti ha citato l'invio di armi ai curdi «in accordo con le autorità irachene», aerei da rifornimento e capacità addestrative. Oltre questo Roma non andrà.
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