Oltre la Brexit/Contestare tutto ha cancellato la nostra bussola

di Sebastiano Maffettone
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Mercoledì 6 Luglio 2016, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 01:52
Amici inglesi hanno fatto il tifo per l’Islanda contro l’Inghilterra - ai campionati europei di calcio - per ripicca al voto dei loro connazionali a favore di Brexit. La nazionale inglese è riuscita a perdere quella partita imperdibile, dando così la prima immagine internazionale di un Paese allo sbando. Brexit, però, non è la sola manifestazione di una vicenda più generale, poco notata e - a parer mio - di grande interesse. Quanto è successo in Inghilterra è stato infatti preceduto da un diffuso fenomeno politico, cui si affibbia di solito la discutibile etichetta di “populismo”. 


Il voto per Podemos in Spagna, per Le Pen in Francia, per Cinque Stelle in Italia e, soprattutto, per Trump negli Stati Uniti vanno infatti all’incirca nella stessa direzione. Tutti sono motivati, leggendo i commentatori, da una spinta anti-politica. La crisi economico-sociale che attanaglia l’Occidente - lo stesso fenomeno non sembra rilevante in Oriente - avrebbe generato diffusa sfiducia per i governi e i partiti tradizionali, e quindi causato l’emergere di nuove forze, diverse da quelle che animavano il panorama istituzionale finora.

C’è sicuramente qualcosa di vero in ciò. Ma la mia tesi è che c’è - sotto il fenomeno di cui stiamo parlando, e che vede in Brexit la sua manifestazione finora più importante - qualcosa di più profondo e perturbante. Qualcosa, per dirla tutta, che riguarda il modo in cui concepiamo il mondo e ci guardiamo attorno. Le fratture di questa visione sono all’origine delle crisi che caratterizzano la storia culturale del mondo, come quella che spostò l’enfasi intellettuale dal mondo del magico e del rituale all’universo della scienza e della precisione matematica. Ora, la mia impressione è che - oggi come oggi - stiamo vivendo una frattura del genere. La crisi cui sto pensando è - detto in parole semplici - una crisi dell’autorità, o forse meglio ancora dell’autorevolezza. Per autorevolezza intendo il peso che un determinato parere o una certa opinione hanno in relazione al ruolo svolto da chi le mette in circolazione. È proprio questo valore speciale che per ragioni complesse è venuto meno, e ha posto le basi per una crisi probabilmente durevole e non effimera. Il tramonto delle forze politiche tradizionali in diverse nazioni dell’Occidente - se ho qualche ragione nel sostenere la mia tesi - non è che la punta dell’iceberg. Al di sotto c’è la sfiducia diffusa per ogni forma di autorevolezza che giocoforza appare più generale e devastante.

Alcuni popoli non credono più ai politici, magari perché ne sono stati delusi. Ma al tempo stesso non credono a magistrati, scienziati, dottori, giornalisti, professori e generali. In buona sostanza, le persone non riconoscono più autorevolezza ai pareri di coloro che, per ragioni di competenza, sono stati designati a esprimerli pubblicamente. Fioriscono così gli esperti della diagnosi clinica “fai da te”, i giornali da strada, gli autodidatti da Wikipedia, gli strateghi da bar e coloro che non credono nella giustizia. Una delle cause di questa frattura epistemica, come la ho chiamata, è costituita dal web, e dalla possibilità che offre di auto-informarsi. Un’altra la si può trovare nella radicalizzazione postmoderna del pluralismo, e nella convinzione che - come diceva il presidente Mao - «nel grande fiume della conoscenza umana tutto è relativo e nessuno può afferrare la verità assoluta».
 
Una terza deriva dalla sfiducia nelle élite nel loro complesso: sono le periferie del sistema che si ribellano contro il centro. Ma al di là della ricerca delle cause di una crisi di conoscenza e riconoscimento così virulenta, quello che ci dobbiamo porre ora come ora è il problema del come reagire. Quando un amico mi dice che «ogni professore di Oxford che parlava pro Remain significava tanti voti pro Leave», io non riesco a nascondere un certo timore, non tanto politico quanto culturale. Non riesco proprio a immaginare una forma di vita associata senza guide intellettuali e istituzionali. Ma forse questo timore è solo frutto di troppi anni vissuti nell’ambito di un modo di vedere le cose, e hanno ragione quanti propongono di adattarsi all’ennesimo nuovo che avanza
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