Ne ha bisogno per rilanciare la sua immagine sul piano interno. Anche Putin vorrebbe attribuirsi il merito di una simile impresa. Ne ha bisogno per rilanciare la sua immagine sul piano estero. Putin è molto amato dai russi. Non ha un problema di popolarità interna. Il suo cruccio è l’isolamento internazionale. È stato escluso dal G7 di Taormina per avere invaso la Crimea. L’uccisione di Al Baghdadi gli consentirebbe di liberare il mondo dall’uomo che ha pianificato così tanti attentati, anche contro l’Europa. Gli americani liberarono il mondo da Bin Laden.
I russi libererebbero il mondo da al Baghdadi. In fatto di lotta al terrorismo internazionale, Putin avrebbe pareggiato i conti sul piano mediatico. Senza la Russia, direbbe Putin, i problemi del mondo si aggravano, anziché risolversi.
Quell’esaltazione causò l’attentato dell’11 marzo 2004 contro i treni di Madrid e quello del 7 luglio 2005 contro la metropolitana di Londra. Poi niente più stragi di tale portata per dieci anni ovvero fino al massacro di Charlie Ebdo del 7 gennaio 2015 che, non a caso, maturò nel contesto dell’esaltazione jihadista conseguente all’ascesa dello Stato Islamico, fondato il 29 giugno 2014. Le date sono tutto: prima l’attentato contro le Torri Gemelle e poi le stragi di Madrid e Londra. Prima la proclamazione dello Stato Islamico e poi la ripresa delle stragi in Europa.
Lo Stato Islamico viene bombardato dagli aerei senza potersi difendere. Non ha mai abbattuto un aereo per mancanza di mezzi. Non controlla i cieli. Non ha navi, non ha sommergibili, non ha missili, non ha carri armati, non ha aerei, non ha elicotteri. Può soltanto soccombere. Altro che conquista del Medio Oriente da parte dell’Isis. I tempi dell’esistenza dell’Isis sono stati dettati da Russia e Stati Uniti che adesso hanno deciso di chiudere il discorso. Raqqa doveva essere attaccata per prima, ma è stata attaccata per ultima. È avvenuto per una serie di ragioni politiche che abbiamo elencato più volte su queste pagine. L’Isis è stato così costretto a passare dall’invito a unirsi al Califfato per conquistare il mondo intero, Roma inclusa, all’invito a unirsi al Califfato per difendere un paio di palazzi a Raqqa.
I giovani, per quanto esaltati, ci pensano due volte prima di andare incontro a una morte certa. Un conto è recarsi a Raqqa per godersi uno stipendio jihadista; altro è recarsi a Raqqa per godersi il piombo americano. L’esaltazione collettiva diminuisce con le sconfitte. Accade anche nello sport. I tifosi abbandonano gli stadi quando la sconfitta è certa. Maria Giulia Sergio, la jihadista di origini napoletane partita per la Siria intorno al settembre 2014, oggi non esorterebbe la famiglia a recarsi a Raqqa per avere una vita migliore. I fenomeni politici sono, in primo luogo, fenomeni psicologici che si sviluppano nella mente delle persone. Le nostre azioni dipendono dalla nostra interpretazione della realtà.
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