Continua Andrea: «Mia moglie ha pregato il capotreno di aprire le porte e dopo una discussione, il capotreno li ha fatti salire. Ma invece di aiutarli a viaggiare in sicurezza, trovando un posto per loro e la carrozzina, li ha lasciati tra i due vagoni. In una posizione pericolosa per un bambino in sedia a rotelle. Mia moglie mi ha chiamato in lacrime e io non ci ho visto più».
Conclude Andrea: «Ho protestato in stazione e mi hanno detto che potevo reclamare solo via internet. Si sono perfino messi a ridere. Ero furioso. Quando è arrivato il convoglio, ho colpito il capotreno. Mi pento e chiedo scusa, ma mio figlio è stato trattato come un oggetto».
La replica di Trenord: «Una passeggera con il figlio disabile è arrivata di corsa al binario quando le porte stavano per chiudersi. La cliente ha impedito la chiusura delle porte, trattenendole. La porta si è riaperta ed è intervenuto il capotreno, che ha accolto a bordo i viaggiatori. Dopo aver fatto presente alla signora l’irregolarità del suo comportamento ai fini della sicurezza, il nostro addetto si è prodigato per ottenere il trasferimento da un binario non accessibile, dove il treno avrebbe dovuto arrivare a Cremona, a uno accessibile, adeguato per la discesa di carrozzine. Il bambino non è stato trattato male ma messo in una zona del convoglio adatta per il viaggio in sicurezza. A Cremona, il capotreno è stato selvaggiamente aggredito da un uomo, che ha continuato a colpirlo anche dopo averlo fatto cadere a terra». Le indagini proseguono.
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