Parrucchieri e barbieri sì, estetisti no. Gli ultimi Dpcm varati dal governo dispongono la chiusura in zona rossa dei centri estetici, mentre danno la possibilità ai parrucchieri di aprire i loro negozi. E adesso i titolari dei saloni di bellezza hanno deciso di fare ricorso al Tar, perché si sentono discriminati. Doppiamente: prima, con il decreto governativo, poi con la memoria depositata in aula dall'Avvocatura dello Stato. «Viene fatta una distinzione di genere assurda e che deve essere superata», spiega Roberto Papa, presidente di Confestetica. Il riferimento è a un passaggio del documento: «Il trattamento di capelli e barba corrisponde ad un bisogno e ad una esigenza di cura, anche igienica, della persona ben più essenziale e irrinunciabile rispetto al miglioramento dell'aspetto estetico generale, sicché non può ritenersi illogica, irragionevole o discriminatoria la scelta di sospendere temporaneamente i servizi dei centri estetici e non quelli di barbieri e parrucchieri».
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Proprio questo punto viene considerato discriminatorio: «Viene quasi suggerito che solo gli uomini hanno diritto a curare la loro igiene», aggiunge Papa, sottolineando che nei centri estetici vengono eseguiti anche trattamenti importanti per la salute. Ma non è tutto: molti parrucchieri, da tempo, offrono anche servizi di manicure e pedicure. «Perché nelle zone rosse gli stessi trattamenti possono essere seguiti dai parrucchieri e non dagli estetisti?», chiede quindi l'avvocato Maria Camponesi, che assiste Confestetica.
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