Giusy Versace: «Santo, dopo l'incidente, è stato come un secondo padre per me. Non frequento Donatella. A casa ho 15 paia di gambe»

L'atleta paralimpica si racconta

Giusy Versace: «Santo, dopo l'incidente, è stato come un secondo padre per me. Non frequento Donatella. A casa ho 15 paia di gambe»
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giovedì 2 gennaio 2025, 11:49

Giusy Versace avrebbe voluto fare il pilota di aerei. Ma il corso costava tantissimo e all'epoca aveva litigato con suo padre. Quindi niente fondi. Al Corriere della Sera ricorda la sua infanzia tra Barbie e macchine telecomandate. Poi la separazione. «Oggi è una cosa comune, ma ai tempi no. A Reggio Calabria, io e mio fratello eravamo gli unici della scuola con i genitori separati». E così suo fratello è diventato «la persona più importante per me, senza nulla togliere a mio padre e a mia madre. Per le sue fidanzate ero un incubo, a tutte facevo la radiografia. Oggi sta con una donna molto intelligente e rispettosa del nostro legame...». Ed è diventata anche zia dei gemelli Alfredo e Greta: «Mi hanno liberata da mamma che continuava a chiedere quando le facevo un nipote».

Giusy Versace e la vita privata

Un desiderio materno che Giusy Versace ammette di non avere al Corsera: «Non l’ho mai desiderato così tanto. Nemmeno Antonio, il mio compagno. Forse tra qualche anno me ne pentirò. Ma sono una donna di fede. E avendo visto la morte in faccia ho quasi paura di non avere tempo per fare tutto quello che vorrei».

Un amore quello con Antonio Magra che dura da 15 anni. «Mi ha corteggiato fino allo sfinimento. All’inizio non ne volevo sentir parlare: ma dove andiamo, che facciamo una gamba in due? Poi una mia amica mi ha fatto notare che lui non si poneva proprio il problema che io non avessi due gambe». 

Per Giusy, Antonio è «l’autore della mia vita. Dietro tutte le mie esperienze più importanti c’è lui, che ha sempre mille idee e non le realizza. Poi quando ci riesco io non si ingelosisce, è felice». E gli esempi non mancano: dalla onlus Disabili No Limits, alla sfida dell’atletica, a Ballando con le stelle.

E grazie a questa sua forza è stata la prima donna in tante cose, in tanti successi.

L'incidente

E se ci è riuscita deve dire grazie a due persone. Una si chiama Salvatore, ed è l’operatore dell’Anas che si fermò a soccorrerla nel 2005. L'altra è Michele, il volontario del 118 che le tenne, come ricorda il Corriere della Sera, la mano fino all’arrivo dell’elisoccorso: «Il 22 agosto di ogni anno mando un messaggio con un cuore, una mia foto e un grazie a loro due e ai poliziotti che sono intervenuti».

La famiglia

Prima dell'incidente Giusy lavorava nel mondo della moda. Ma non nell'azienda di famiglia. «Forse da piccola avrei desiderato lavorare con loro, ma poi sono stata felice di essermi affermata nello stesso campo da sola, con le mie forze. Anzi, chiamarmi Versace è stato più un problema, perché molte aziende temevano che volessi fare spionaggio e mi scartavano a priori».

Di Gianni ha un bel ricordo anche se lo vedeva poco perché viveva già in America. Di suo zio Santo racconta al Corsera che «mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere per costruire la mia carriera. Poi, dopo l’incidente, mi è stato vicino come un padre». Donatella invece non la frequenta, «però è molto generosa con me. Mi veste sempre per le grandi occasioni. Anche per la tournée teatrale».

Anche senza le sue gambe (ne ha quindici paia a casa per ogni occasione), Giusy si sente femminile lo stesso. «Avevo gambe bellissime, prima. Però, no, non mi sento meno femminile. Mi vesto in modo diverso, ma riesco ancora a fare uno stacco di gambe come la Parietti insegna. E poi, se voglio sentirmi più sexy, metto un push up».

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