The Sun, la band che ha suonato per tre Papi: «Dal punk alla musica intesa come una missione. Tony Effe? Fossi in lui non dormirei la notte»

Oggi il gruppo vicentino arriva in concerto a Roma. A Tor Vergata si esibirà di fronte a 500 mila persone per il Giubileo dei Giovani: «Vivevamo la vita secondo i luoghi comuni del “sesso, droga e rock’n’roll. Poi la svolta».

The Sun, la band che ha suonato per tre Papi: «Dal punk alla musica intesa come una missione. Tony Effe? Fossi in lui non dormirei la notte»
di Mattia Marzi
4 Minuti di Lettura
sabato 2 agosto 2025, 12:40

Dai tour con i Cure, i Misfits e altri gruppi simbolo della scena rock mondiale agli incontri con tre papi, Benedetto XVI, Francesco e Leone XIV. Da una vita incentrata sui luoghi comuni “sesso, droga e rock’n’roll” alla musica intesa come «una missione». La storia dei The Sun sembra uscire fuori da un film: «Ce l’hanno proposto. Vediamo», dice Francesco Lorenzi, il leader del gruppo vicentino che oggi si esibirà a Roma, a Tor Vergata, di fronte a 500 mila persone, ospite del Giubileo dei Giovani.

Cosa si aspetta?
«Vivo questa esperienza con una grande apertura di cuore, senza aspettarmi nulla di specifico. Con i The Sun abbiamo avuto la gioia di suonare alle Gmg di Cracovia, Lisbona…».

Gmg?
«Le Giornate mondiali della gioventù (ride). Sono state esperienze tutte diverse e speciali. Arrivarci senza troppe aspettative è un segreto che si impara facendo questo mestiere. Che per noi è più una missione che un lavoro».

Una missione di che tipo?
«La musica può aprire i cuori, risvegliare le coscienze, formare i pensieri. Nel corso del tempo abbiamo compreso sempre di più come il nostro non fosse solo intrattenimento, ma anche una responsabilità missionaria al servizio del bene comune. Cerchiamo di condividere valori positivi incoraggianti. Non si può prescindere dalle responsabilità che abbiamo come artisti».

Vi scoraggia l’idea che statisticamente molti dei giovani per i quali suonerete oggi ascoltino anche le hit di Tony Effe e Sfera Ebbasta?
«No. È necessario dare ai ragazzi un’alternativa. La bellezza e la luce sono attrattive, ma finché uno non le vede e non le conosce non lo realizza».

Cosa direbbe a Tony Effe e Sfera Ebbasta?
«Credo sia necessario farsi delle domande e chiedersi se la propria musica faccia bene ai ragazzi, alle loro relazioni, se li renda delle persone migliori. Al loro posto io non dormirei la notte».

Come si passa dai palchi condivisi con i Cure agli incontri con i Papi?
«Abbiamo fatto punk per una dozzina di anni facendo tutto quello che pensavamo ci rendesse felici: sesso, droga e rock’n’roll erano le condizioni di un ambiente musicale di per sé dedito a certi vizi.

Il punto è stato accorgersi che quel modo di vivere non portava alla felicità, ma ci allontanava da noi stessi, dagli altri: ci disgregava».

Quando è accaduto?
«Nel 2007 quando abbiamo concluso la tournée di 100 concerti tra Europa e Giappone pensavo che quello sarebbe stato il momento in cui mi sarei sentito realizzato e felice. Invece mi guardai allo specchio e vidi un vuoto».

E poi?
«Mia madre mi consigliò di andare a un incontro che avevano organizzato nella parrocchia vicino casa. Io, da bravo punk anticlericale, nei confronti di quell’ambiente avevo pesanti pregiudizi. Non sopportavo l’ambiente della chiesa. Ma quel pomeriggio sentii una voce che mi disse: “Vai”. Mi misi in un angolino, pronto ad andarmene al primo fastidio».

Fu una conversione?
«Sì. Un percorso Cominciato da lì, che non si ferma mai. È un cammino che si vive tutti i giorni. Un cammino all’insegna dell’incontro con la figura di Dio e con la parola di Gesù Cristo. Ho cominciato a scrivere canzoni in modo diverso».

Ricorda quale fu la prima?
«San Salvador (“Ed è così che ho sentito questo intenso impulso / che salva la vita, che salva l’amicizia / che salva una casam, che salva continuamente», ndr)».

Le reazioni dei fan che vi avevano seguiti fino a quel momento?
«Naturalmente non capirono. Ci etichettarono, mettendoci una croce sopra. Ma oggi molte di quelle persone sono riuscite ad uscire da situazioni di droga, di dipendenza».

A Sfera Ebbasta e Tony Effe cosa consiglierebbe?
«A noi ha fatto un gran bene vivere e andare a vedere realtà non solo di disagio, ma di conflitto. Capire cosa succede davvero quando c’è inimicizia tra le persone. In questo mondo c’è bisogno di messaggi che uniscano e allarghino il cuore».

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