Napoli, latitante del clan Mazzarella arrestato a Barcellona: Genny «cape 'e bomba» tradito dalla compagna

Gennaro Esposito alias 'Cap 'e bomb'
di Luigi Sabino
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Mercoledì 25 Agosto 2021, 18:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 08:01

È durata poco più di un anno la latitanza di Gennaro Esposito alias «cape ‘e bomba», indicato dagli inquirenti come esponente apicale del clan Mazzarella, in particolare del sottogruppo che controlla la zona di piazza Mercato.

Il 34enne, in fuga dal luglio 2020 e ricercato per due mandati di cattura, è stato localizzato e arrestato a Barcellona dove aveva trovato rifugio. A mettergli le manette ai polsi gli uomini del Fas team spagnolo, attivato dal Servizio di cooperazione internazionale di polizia italiano su precise indicazioni dei carabinieri del nucleo investigativo di Napoli. 

Sono stati i militari dell’Arma, infatti, a scoprire, al termine di una complessa indagine, che Esposito si era rifugiato nella penisola iberica.

La conferma che aveva scelto Barcellona come suo nascondiglio è arrivata, però, solo nelle ore immediatamente precedenti all’arresto, quando il latitante è stato raggiunto dalla sua compagna. La donna, non sapendo che i suoi spostamenti erano monitorati, ha così, di fatto, condotto gli investigatori all’ultimo covo di «cape ‘e bomba». Esposito, quindi, è stato portato in carcere in attesa dell’esplicazione delle procedure per la sua estradizione. 

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Particolarmente gravi le accuse mosse nei suoi confronti dalle autorità italiane tra cui spicca quella per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Non solo. Secondo il racconto di alcuni collaboratori di giustizia, Esposito fu tra i protagonisti del cruento scontro tra l’organizzazione criminale dei Mazzarella e l’alleanza Minichini-Rinaldi per il controllo del centro di Napoli. In particolare, Esposito sarebbe stato tra gli autori dell’agguato agli esattori della cosca rivale inviate a raccogliere le estorsioni nella zona di vico Soprammuro. Agguato cui, per come da lui stesso ammesso, partecipò anche Carmine Campanile. È stato quest’ultimo, nel ricostruire l’episodio della faida, il principale accusatore di ‘cap ‘e bomb’.

Questo il suo racconto. «Sono stato incaricato da Alberto e Ciro Mazzarella, che gestiscono le attività illecite a piazza Mercato, di affrontare gli esattori del gruppo Minichini-Rinaldi, tali Gabriella e Giuseppe Prisco. Mi consegnarono un mitra, una pistola 7,65 e la bomba… Ricordo che mi telefonò Gennaro Esposito, detto «cape ‘e bomba», di mattina e mi disse di andare a casa di Gennaro Buonocore perché eravamo pronti. Andai subito a casa di Buonocore e lì c’era anche Esposito che mi disse che si doveva fare l’attentato agli emissari dei Rinaldi che dovevano prelevare la tangente da Vittorio Pacifico  lo spaccio della droga e che avevamo le armi che ci erano state fornite da Vincenzo Papi… a sparare furono Gennaro Esposito col mitra e Cinquegrana con la pistola. Dopo l’agguato agli emissari dei Rinaldi, insieme a Buonocore… ci presentammo a vico Soprammuro, dove fanno il mercato del pesce, e dicemmo ai bancarellari che da quel momento avrebbero dovuto pagare a noi del clan Mazzarella e non più ai Rinaldi».

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