Zaky, altri 15 giorni
in carcere
per lo studente egiziano

Zaky, altri 15 giorni in carcere per lo studente egiziano
3 Minuti di Lettura
Sabato 22 Febbraio 2020, 18:33 - Ultimo aggiornamento: 18:36
MANSURA (Egitto) La madre piange guardando in alto per nascondere le lacrime a chi la fissa. Il padre appoggiato al muro si fa il segno della croce e risponde a qualche messaggio al telefono. L'attesa dura meno di un'ora e poi, in una siepe di poliziotti e uomini della sicurezza, abbracciano fugacemente il figlio: Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell'Università di Bologna arrestato per propaganda sovversiva su Facebook, torna in carcere per almeno altri 15 giorni. Come prevedibile, si è conclusa così l'udienza sul rinnovo della custodia cautelare in cui viene tenuto il 27enne attivista e ricercatore. Quella del Procuratore capo di Mansura, la sua città, «è una decisione crudele», «brutta», e «non necessaria, perché non c'è alcuna possibilità di inquinare prove o di modificare il corso delle indagini», ha sottolineato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia avvertendo che ora si apre «lo scenario peggiore». Temendo implicitamente altri prolungamenti di 15 e poi 45 giorni che in Egitto possono arrivare fino a due anni, Noury preannuncia che «la mobilitazione sarà lunga». La prossima udienza è fissata per il 7 marzo, hanno segnalato i suoi legali. Nel corridoio sul quale si affaccia la stanza del Procuratore, connotato da un lungo tappeto rosso a bande gialle alquanto consunto, alla madre è stata data una sedia per meglio resistere nella struggente attesa del pronunciamento. Dentro, come hanno riferito fonti informate, Patrick ha in pratica sostenuto di essere innocente: ha detto di non aver «mai scritto» i post su Facebook per i quali lo accusano di propaganda sovversiva. Anche alla domanda del giudice: «È tuo l'account?», Zaky ha risposto di «no». All'udienza, oltre ai due avvocati in cui è stato ristretto il collegio di difesa, hanno assistito un diplomatico italiano e uno della delegazione Ue in Egitto, nell'ambito del programma di monitoraggio processuale dell'Unione europea, adottato su proposta italiana. A differenza di quanto avvenuto sabato scorso al Tribunale di prima istanza che respinse un ricorso contro la carcerazione, stavolta ai giornalisti non è stato consentito di entrare nella stanza. Fonti informate hanno segnalato che i due legali (uno di fiducia della famiglia e uno della ong per cui Patrick era attivo) vogliano mantenere «un basso profilo» soprattutto mediatico nel duello giudiziario con la Procura, che si preannuncia lungo. «Oggi il suo morale era molto alto», ha riferito Walid Hassan, il nuovo avvocato della famiglia di Patrick, apparso oggi senza gli ormai famosi folti capelli, ma con la testa rasata, pur conservando la barba. «Sono una persona che è molto ben trattata e si tratta di una questione meramente giudiziaria», ha detto inoltre il legale riportando fedelmente le parole di Patrick e affermando che «il rinnovo (della custodia cautelare) è avvenuto conformemente alla legge». La linea difensiva, ha lasciato intendere, è anche possa possa aver scritto qualcosa che non pensava potesse essere un crimine: insomma al massimo un mero reato d'opinione anche se l'accusa è, fra l'altro, «istigazione alla violenza e ai crimini terroristici». Gli attivisti della campagna ufficiale di solidarietà in suo favore, sulla pagina Facebook 'Free Patrick', hanno sostenuto che in Egitto «la custodia cautelare è diventata uno strumento di repressione e di abuso, con la mancanza di indipendenza della magistratura e il controllo delle forze di sicurezza» sulle sue decisioni.