Spagna, rebus maggioranza. Sanchez proverà a governare da solo

Spagna, rebus maggioranza. Sanchez proverà a governare da solo
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Lunedì 29 Aprile 2019, 13:30 - Ultimo aggiornamento: 17:39

Pedro Sanchez, chiaro vincitore delle elezioni spagnole e primo ministro socialista, avrà bisogno di alleati per poter governare. Il suo partito, il Psoe, ha ottenuto 123 seggi alle elezioni di ieri, staccando tutte le altre formazioni, ma rimane sotto la soglia della maggioranza di 176 deputati. Dal punto di vista matematico, l'opzione più semplice sarebbe un'alleanza con i liberali di Ciudadanos, che garantirebbe una maggioranza di 180 seggi. Ma al momento questa ipotesi non sembra sostenibile politicamente. Albert Rivera ha spostato il suo partito a destra e ieri sera i militanti che festeggiavano Sanchez hanno gridato: «Con Rivera, no!». «Lo avete detto chiaramente», ha risposto il leader socialista.

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Socialisti: pronti a governare da soli. Il partito socialista del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez appare orientato a governare da solo, dopo il successo elettorale di ieri. Lo ha fatto capire la vicepremier Carmen Calvo, intervistata dall'emittente Cadena Ser. «Pensiamo di poter proseguire con la formula con quale abbiamo iniziato», ha detto la Calvo, riferendosi all'attuale governo di minoranza. Il Psoe ha conquistato 123 deputati, ma è rimasto sotto la soglia di maggioranza di 176 seggi. Sanchez ha finora governato con 85 seggi e l'appoggio esterno di Podemos e partiti nazionalisti. Il primo ministro, che è anche leader del Psoe, ha convocato la commissione esecutiva federale del partito per questo pomeriggio alle 17.

I requisiti. Nessuno sembra aver dimenticato la foto di piazza Colon, dove Rivera si è trovato sullo stesso palco a Madrid con il leader dei Popolari Pablo Casado, ma anche, seppur ad una certa distanza fisica, con Santiago Abascal, il fondatore del partito di estrema destra Vox. Secondo la costituzione spagnola, il primo ministro incaricato deve ottenere almeno la maggioranza dei voti (176) la prima volta che si presenta in parlamento per la fiducia. Se c'è una bocciatura è possibile un secondo voto 48 ore dopo, nel quale basta avere più voti favorevoli che contrari. In questa fase le astensioni dei piccoli partiti nazionalisti saranno cruciali per il voto di fiducia. 

Sanchez potrebbe in teoria provare a governare da solo, ma il suo sarebbe un esecutivo di minoranza molto fragile. Le altre opzioni sono far entrare Podemos nel suo governo oppure stringere un patto di legislatura per ottenere il sostegno esterno del partito di Pablo Iglesias e di qualche lista indipendentista. In quest'ultima opzione potrebbe esserci un governo socialista con qualche indipendente gradito ai partiti sostenitori. Podemos porta in dote solo 42 seggi.

 



Per arrivare alla soglia magica dei 176 voti servono i voti di piccoli partiti nazionalisti: i baschi del Pnv (6 deputati) e Bildu (4), i valenciani di Compromis (1), i cantabrici del Prc (1) e Coalicion Canaria (2). Politicamente sarebbe più semplice senza la sinistra basca di Bildu, ma allora mancherebbe un voto. C'è poi l'incognita dei nazionalista catalani: l'Erc di Oriol Junqueras ha 15 seggi e il JxCat sette. Non è chiaro se si opporranno totalmente a Sanchez, che ha respinto ogni proposta di referendum sulla Catalogna, o se sceglieranno di astenersi al secondo voto. Dall'altra parte dello spettro politico, un governo di destra non ha i numeri per governare. Il Partito Popolare di Pablo Casado, al suo peggior risultato di sempre, ha ottenuto solo 66 seggi e con i 57 di Ciudadanos, si ferma ai 123 deputati, che potrebbero salire a 125 con il partitino regionale della Navarra. Anche con il sostegno dell'estrema destra populista di Vox (24) non si raggiunge la maggioranza.

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