NO AL RIESAME
Nella cella di dodici metri quadrati, l’ex ministro legge i giornali e guarda la tv. Al procuratore Federico Cafiero de Raho, al sostituto Giuseppe Lombardo e al collega della Direzione nazionale antimafia Francesco Curcio, ha raccontato di avere dato aiuto ad Amedeo Matacena solo in virtù dei rapporti di partito, di legami affettivi e di amicizia. Niente a che vedere con la ’ndrangheta e con gli interessi economici. I suoi difensori Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito hanno deciso di non chiedere, al momento, la scarcerazione al Tribunale del riesame. Almeno non prima che quanto dichiarato nell’interrogatorio venga riscontrato.
L'obiettivo degli inquirenti resta, comunque, quello di far luce sulla rete di «invisibili» che avrebbero favorito Matacena. Evidenziano, infatti, nella richiesta di misura cautelare, che il ruolo dell’ex ministro «va ben oltre la veste di tramite a favore del Matacena e di Chiara Rizzo». E che in tutto questo scenario emerge l'utilizzo «distorto di pregressi rapporti con esponenti politici libanesi, che vengono piegati verso interessi di parte finalizzati a concordare le modalità di un'operazione diretta a procurare l'evasione di un soggetto condannato in via definitiva».
LA BANCA GRECA
Sempre nella richiesta dei pm si fa riferimento anche a un prestito di tre milioni e mezzo di dollari concesso dalla banca Greca «Marfin Egnatia Bank Societe Anonyme», con sede legale a Thessaloniki (Grecia), alla Amadeus spa. Matacena e moglie sarebbero, dunque, riusciti a farsi assegnare denaro anche da uno Stato in crisi come quello greco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA