L'arma che sembra più carica, in questa fase, è quella che prevede l'inclusione della rete tra gli asset soggetti ai poteri speciali. Il testo del Dpr che dovrebbe essere approvato domani dal Consiglio dei ministri, ma che poi dovrebbe comunque essere sottoposto a un lungo iter, dice infatti che anche «le reti e gli impianti utilizzati per la fornitura dell'accesso agli utenti finali nei servizi rientranti negli obblighi del servizio universale» delle comunicazioni rientrano tra le attività strategiche sottoposte alla golden share.
Nessuna eccezione, tra l'altro, è prevista «in presenza di minaccia di un grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti». La formulazione della norma sembra integralmente rispecchiare l'allarme lanciato ieri dal presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, secondo cui la cessione agli spagnoli pone per l'appunto seri problemi di sicurezza nazionale, visto che la rete Telecom è la struttura più delicata sul territorio, cui si è aggiunta oggi la relazione dei servizi del Dis, secondo cui si rischia la perdita di sovranità del Paese.
Più complessa, ma non meno invocata praticamente da tutte le forze politiche, è la modifica della legge sull'Opa. Ne ha parlato in audizione il sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti, osservando che più che la cosiddetta soglia 'mobile' legata all'effettivo controllo, si lavora a un'ipotesi secondo la quale «le società potrebbero essere autorizzate a definire per via statutaria una soglia inferiore a quella prevista dalla normativa», cioè il 30%, al superamento della quale scatterebbe l'obbligo di offerta.
Vegas, invece, prefigura una diversificazione della soglia, abbassandola per le società di elevata capitalizzazione con un azionariato «polverizzato» e che si possono controllare con quote ridotte.
Non vuole restare con le mani in mano neanche il Senato, che come ha annunciato il presidente della Commissione Industria Massimo Mucchetti, proporrà un atto di indirizzo proprio su questo tema. Un proliferare di iniziative ha contribuito a risollevare il titolo in Borsa, dove ha chiuso con un balzo del 4,11% a 0,59 euro. Certo, ha comunque ribadito oggi il presidente Franco Bernabè, l'interesse dell'Italia per la rete è «tardivo» e anche la tutela degli azionisti di minoranza richiede un cambiamento di governance su cui il gruppo è in una situazione di stallo, un pò come avviene con il Porcellum: «Tutti vogliono cambiarla, ma poi sta bene a tutti», è l'amaro commento di Bernabè.
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