Dall'avviso di conclusioni indagini che gli investigatori della Guardia di Finanza sta notificando in queste ore ai 69 indagati più le due società Aspi e Spea è emerso che già nel 1990 e nel 1991 Autostrade Spa sapeva che nella pila 9 – quella poi crollata – vi erano "due trefoli lenti e due cavi scoperti su quattro". Le accuse sono di attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo, omicidio colposo e omicidio stradale e rimozione dolosa di dispositivi per la sicurezza dei posti di lavoro.
A seguito della tragedia sono nati altri filoni di indagine anche in merito al modus operandi del vecchio management dell'azienda: secondo l'accusa era infatti basato sul massimo risparmio sulle manutenzioni in modo da assicurare maggiori dividendi ai soci. La procura di Genova ha aperto diversi fascicoli per i falsi report sullo stato di salute anche di altri viadotti, sulle barriere fonoassorbenti pericolose, fino alle gallerie dopo il crollo nella Bertè il 30 dicembre 2019. In tutti i filoni di indagine sono coinvolti l'ex ad di Aspi Giovanni Castellucci – ai domiciliari poi interditto per un anno – l'ex numero due Paolo Berti e l'ex numero tre Michele Donferri Mitelli.
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