Parte a giorni la nuova gara per vendere l’ex Ilva (un primo bando era già stato lanciato dai commissari di Acciaierie d’Italia un anno fa) e il 12 agosto si torna al ministero delle Imprese per vedere se è possibile chiudere l’accordo di programma sulla decarbonizzazione della fabbrica e su quale base. Nel frattempo, gli enti locali, segnatamente il comune di Taranto, riuniranno le loro assemblee elettive per valutare i documenti del Mimit e decidere la linea da tenere. Sono le conclusioni del vertice che ieri ha presieduto il ministro Adolfo Urso, presenti regione Puglia, comuni di Taranto e di Statte, provincia di Taranto e Autorità portuale del Mar Ionio.
I PASSAGGI
La giornata ha avuto due passaggi particolari prima che il vertice al Mimit cominciasse. Il primo ha visto il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, annunciare di primo mattino che difficilmente si sarebbe firmato un accordo con Urso. Semmai, ha detto Emiliano, si sarebbe visto come far proseguire il negoziato. Il secondo passaggio, invece, ha riguardato il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, del centrosinistra, che ha revocato le dimissioni presentate lunedì sera, a causa delle contestazioni ricevute da una frangia di ambientalisti mentre era in corso un’assemblea con le associazioni in Municipio, e in auto ha raggiunto Roma per partecipare al vertice al Mimit.
Nel verbale conclusivo della riunione si legge tra l’altro che «il Mimit, sulla base di quanto emerso nella riunione in ordine all'importanza degli obiettivi di piena decarbonizzazione condivisi da tutti i rappresentanti istituzionali, dà mandato ai commissari di AdI in As affinché tali obiettivi siano recepiti nell'aggiornamento della gara in corso». Mentre l’incontro del 12 agosto è stato fissato «per consentire agli enti locali, come da loro richiesta, di riunire gli organi assembleari al fine di esprimere compiutamente le loro posizioni sul piano di decarbonizzazione e anche, eventualmente, in merito alla migliore collocazione del Polo del Dri».
Ieri Urso - che oggi vedrà i sindacati a Palazzo Chigi con gli altri ministri interessati per un aggiornamento della situazione - ha confermato i due scenari di decarbonizzazione previsti per il sito di Taranto: A e B. Il primo prevede tre forni elettrici, quattro Dri (uno è per Genova) e altrettanti impianti per la cattura e lo stoccaggio della CO2, con un consumo di gas, a regime nel 2033, di 5,1 miliardi di metri cubi. Il secondo, invece, riguarda solo i forni elettrici, con un consumo di gas a regime nel 2032 di 1,3-1,4 miliardi di metri cubi.
LA BOZZA
Ma per fornire 5,1 miliardi di metri cubi di gas, serve a Taranto la nave di rigassificazione, che il Comune assolutamente non vuole. E così nella bozza di accordo consegnata ieri alla valutazione degli enti locali, si legge che «poiché per l’ormeggio di una nave rigassificatrice nel porto di Taranto sono necessarie valutazioni degli enti locali anche in relazione alla valutazione di impatto ambientale», l’accordo «si riferisce a un piano di decarbonizzazione che prevede la realizzazione di tre forni elettrici. La decisione sulla localizzazione a Taranto o in altro sito del Polo Dri è rinviata a una fase successiva». Commenta Urso: «Si procederà assolutamente con la decarbonizzazione della fabbrica. Noi andiamo avanti nell’augurio di raggiungere il maggior consenso possibile sul piano di decarbonizzazione che farà della siderurgia italiana la prima, in Europa, ad acciaio green».