Ma è proprio sul contesto globale che vi sono - visti da Via Nazionale - «vari elementi di incertezza»: la Fed che si
appresta a rialzare ancora i tassi, innanzitutto, e la possibilità di una svolta protezionistica innescata da Trump. Non trapela, dalle stanze ovattate di Via Nazionale, preoccupazione per lo spread tornato ai massimi di quattro anni, sopra 210 punti base; per gli appuntamenti elettorali in arrivo in Europa (e Italia); per il deflusso di investimenti di
portafoglio esteri dall'Italia (-75,2 miliardi, con uscite concentrate sulle obbligazioni bancarie e i titoli di Stato); per il 'Target2', il sistema dei pagamenti fra le banche centrali dell'Eurozona che segnala per l'Italia un debito record di 420 miliardi (dai 357 di fine dicembre); infine per la posizione patrimoniale netta sull'estero, che registra per
l'Italia un rosso pari al 14,9% del Pil.
Idem per le banche, pur con gli scottanti dossier Mps e Venete tuttora al vaglio delle autorità europee: il tasso di
deterioramento del credito rallenta di tre decimali al 2,3% a fine 2016, con coperture che salgono al 51,7% dal 47,3% di un anno prima. I prestiti alle imprese segnano +0,4% sui tre mesi a febbraio e ristagnano su base annua ma con un andamento assai eterogeneo: le società di servizi incassano un +2,4% annuo, il manifatturiero un -0,7% e l'edilizia un pesante -5,5%. Se le società con almeno 20 addetti ricevono più prestiti (+0,4%) le piccole imprese fanno i conti con un pesante -2,8%. C'è da fare i conti - avvertono gli economisti di Bankitalia - con un'inflazione ancora bassa: è al 40% la probabilità che non superi quest'anno l'1% per l'Eurozona. E in Italia, con i prezzi saliti in media dell'1,3% fra gennaio e marzo, il tasso "core" (depurato da energia e alimentari) è a un modesto 0,5%, che riflette «margini ancora ampi di forza lavoro e capacità produttiva inutilizzati, oltre che una perdurante moderazione
salariale». Non è l'invito a rinnovi contrattuali un po' più coraggiosi come quello fatto da Francoforte, ma ci si avvicina. Ma, soprattutto, è il controcanto alla Bundesbank che chiede di ragionare sull'addio al quantitative easing: «un grado sostanziale di espansione monetaria - scrive Bankitalia - resta necessario per il consolidamento delle spinte al rialzo dell'inflazione nel medo termine».
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