Con l'agro-alimentare Italia a velocità doppia

Con l'agro-alimentare Italia a velocità doppia
di Marco Barbieri
4 Minuti di Lettura
Giovedì 22 Dicembre 2016, 16:29
Il più grande numero di startup aziendali, la più sensibile crescita occupazionale soprattutto di under 35 e uno dei più significativi contributi all'export italiano: il settore agro-alimentare è in questa sintesi. Anche se, spente le luci di Expo, a qualcuno verrebbe la tentazione di riportare il settore al ruolo di simpatico rappresentante del folklore nazionale. Più sagre di paese che volàno di sviluppo economico? L'esatto contrario.

Per Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, il 2017 deve essere l'anno del consolidamento del nuovo ruolo percepito dal settore all'interno dell'economia nazionale: «L'alimentare è il secondo settore industriale del Paese, con oltre 350 mila occupati e con un export che nel 2016 è cresciuto del 3,5% contro lo 0,5% medio del Paese. I sei mesi di Expo hanno aiutato a far conoscere di più e meglio il contributo che diamo alla crescita dell'Italia. Occorre che il prossimo anno coincida con sforzi crescenti di comunicazione, di distribuzione e logistica e di accordi commerciali bilaterali».

L'INCOGNITA TRUMP
Impegni che riguardano le imprese e la loro capacità di competere al meglio; e riguardano le istituzioni nazionali, nella loro capacità di dare il necessario supporto di sistema alla crescita del mercato. «La crisi del commercio internazionale, così come la Brexit e la nuova politica economica del presidente Usa Trump, sono incognite per la nostra presenza sui mercati commenta Mario Guidi, presidente di Confagricoltura nodi che vengono al pettine e che ci fanno sentire che i nuovi problemi aggiungono preoccupazioni al ritardo cumulato.
E che anche la stagione di Expo non ha risolto».

Se la Germania esporta più agroalimentare dell'Italia vuol dire che un problema forte c'è ed è radicato. «Qualcosa si è fatto per il nostro made in Italy aggiunge Scordamaglia l'operazione di promozione condotta quest'anno negli Stati Uniti deve essere replicata l'anno prossimo. Anche per mitigare le tentazioni protezionistiche dell'effetto Trump. Dei 27 miliardi di prodotti consumati negli Stati Uniti sulle onde dell'italian sounding, solo 3,2 miliardi sono vero made in Italy. Dobbiamo far capire e provare che il parmesan che gode della fama italiana, ma viene prodotto negli Usa, non ha nulla a che vedere con il vero Parmigiano Reggiano».

MADE WITH ITALY
Ma non è solo il made in Italy a dover essere aiutato e sostenuto. C'è un made with Italy che rappresenta una realtà da sostenere e da rafforzare nell'orizzonte del prossimo futuro. «C'è un modo di produrre la materia prima all'estero che viene acquisito dal modello italiano che vuol dire sostenibilità ambientale e qualità continua Scordamaglia dalla carne ai cereali sono produzioni che la nostra industria agroalimentare sa orientare al meglio, utilizzando le opportunità e le risorse disponibili nei Paesi stranieri». Il caso più eclatante è quello della Russia. Ma la stessa prospettiva deve essere perseguita anche nei mercati di nuovo interesse italiano: dalle Repubbliche ex sovietiche alla Cina e a tutto il far East. Si produce agroalimentare con l'Italia, con l'italianità della cura della qualità. E questo è un altro modo per aprire la porta ai prodotti di valore aggiunto che non possono che essere prodotti in Italia.

E qui ecco il problema distributivo. «Noi paghiamo il grande ritardo di crescita nell'industria della distribuzione. Le grandi piattaforme francesi consentono ai vini di Francia di essere i più bevuti in Cina» aggiunge Guidi. Ma mentre crolla la produzione mondiale di vino che fa segnare nel 2016 un calo del 5% per un totale stimato in 259,4 milioni di ettolitri, tra i livelli più bassi dal 2000, l'Italia si pone saldamente al comando con 48,8 milioni di ettolitri. È quanto afferma uno studio di Coldiretti sulla base delle previsioni dell'Organizzazione Mondiale della vite e del vino (OIV) che colloca al secondo posto la Francia con 41,9 milioni di ettolitri (-12%) e la Spagna con 37,8 milioni di ettolitri (+1%). Il successo della produzione Made in Italy - sottolinea la Coldiretti - è accompagnato però dal calo dei consumi interni che sono scesi al minimo storico dall'Unità di Italia con il Belpaese.

MENO CONSUMI INTERNI
Il calo dei consumi interni dopo il debole rimbalzo del 2015 nel 2016 riguarda un po' tutto il comparto agro-alimentare, non solo il vino. Nei primi nove mesi dell'anno si è verificata una riduzione degli acquisti di cibo e bevande dell'1% rispetto al 2015, secondo un'analisi Coldiretti su dati Ismea.

Il dato negativo dei consumi interni è comunque compensato dal trend positivo dell'export. Che fa ben sperare per il prossimo anno. Il 2016, secondo l'Ufficio Studi di Confagricoltura, dovrebbe chiudersi con un incremento del valore aggiunto per agricoltura, silvicoltura caccia e pesca del 2%. Incremento che porterebbe il valore aggiunto di settore quasi a 30 miliardi di euro. Un balzo in avanti di oltre il doppio all'aumento previsto per il Pil complessivo (+0,9% su base annua). Insomma l'agro-alimentare va a una velocità doppia della media del Paese. Una risorsa centrale per la nostra crescita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA