In rete le recensioni dei lettori, ma non chiamateli critici

In rete le recensioni dei lettori, ma non chiamateli critici
di Luca Ricci
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Sabato 14 Dicembre 2013, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 08:56
C’era una volta la critica letteraria. Formatasi su studi rigorosi, aveva anche il compito di veicolare presso il grande pubblico i testi pi meritevoli. Certo, non mancavano gli abbagli, i personalismi, le faide interne, le pressioni indebite dei gruppi editoriali, i conflitti d’interesse, però era impensabile che la storia di un libro (di letteratura, è meglio precisarlo) potesse prescindere da uno o più di quei giudizi professionali. Roba antica al tempo della critica 2.0 in salsa social. Le comunità virtuali dov’è possibile creare la propria libreria e cominciare un proficuo scambio di osservazioni su qualsiasi libro dotato di ISBN sono infatti spuntate come funghi (aNobii, LibraryThing, Goodreads, senza dimenticare che ogni store offre la possibilità di commentare i titoli disponibili all’acquisto). I più entusiasti hanno subito gridato al miracolo: finalmente la recensione paludata del critico è stata rimpiazzata dal giudizio fresco e disinteressato del lettore comune, quello che i libri se li compra e soprattutto se li legge per davvero. E l’editoria ha subito preso la palla al balzo, infestando i risvolti e le quarte di copertina dei giudizi dei lettori prelevati dalla rete. Assestamenti fisiologici: se internet è diventato il luogo della nuova critica, lo spazio dei libri tradizionali si è internettizzato. Il rischio è quello che un semplice, disarmante mi piace mandi in soffitta secoli e secoli di dispute teoriche riguardo al senso della letteratura. Ma gli scrittori italiani che ne pensano?



Fabio Geda mette in rilievo luci e ombre: «Credo che tra le recensioni online si celino piccoli tesori di critica dal basso, ma anche molti sfoghi umorali. Per ogni lettore dotato davvero della pazienza e degli strumenti necessari per riflettere su un testo, ce ne sono dieci che lasciano al cuore o allo stomaco il compito di formulare giudizi, spesso superficiali, e talvolta protetti da nickname che facilitano l'impulsività. Comunque è un buon modo per vedere quanta gente è entrata in risonanza con un certo materiale narrativo». Marco Vichi ci va abbastanza cauto: «Molti commenti sono dettati dalla passione per la lettura, alcuni sono sfoghi infantili, in altri trapela incompetenza e ignoranza, e a volte l'anonimato scatena la più bieca arroganza... Insomma, un sorta di catalogo dei sentimenti umani in poche righe. Almeno per me, è più interessante cercare di capire cosa si nasconde dietro quelle parole, piuttosto che fermarmi al semplice significato letterale». Marco Lodoli è quasi entusiasta: «Spesso il cosiddetto lettore comune dimostra di penetrare in un testo con molta più sensibilità di chi lo fa per mestiere, di chi ha conti da saldare, amici da proteggere e tanta stanchezza addosso. Anche le critiche sono utilissime, perché nessuno mai tra le persone attorno ti dice: non va bene per questo motivo. Un po’ di crudeltà serve, rimette le cose a posto e fa crescere».



Gli aspetti positivi sembrerebbero maggiori di quelli negativi. L’errore casomai sarebbe dovuto a una sovrainterpretazione delle reali finalità degli utenti, a chi vorrebbe a tutti i costi una nuova arcadia della recensione pop. Non si capisce perché le nuove recensioni spontanee dovrebbero gioco forza rimpiazzare il lavoro del professionista, invece di porsi come elemento ulteriore a corredo della vita di un libro: se prima era impossibile un riscontro quasi al dettaglio delle sensazioni e degli umori dei lettori, oggi invece è possibile. E si può sempre prenderla con filosofia, come suggerisce caustico Christian Frascella: «Se le recensioni dei lettori sono positive va benissimo, se sono negative sono trascurabili».



Twitter:@LuRicci74
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