Lavoro da codice rosso, l'allarme della Cgil: crescono solo i posti precari. E c'è chi firma per un solo giorno

Lavoro da codice rosso, l'allarme della Cgil: crescono solo i posti precari. E c'è chi firma per un solo giorno
Cresce il lavoro ma non quello “buono”. Contratti sempre più precari, addirittura di un giorno solo. Che poi, spesso, celano posizioni al nero. Del resto, i...

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Cresce il lavoro ma non quello “buono”. Contratti sempre più precari, addirittura di un giorno solo. Che poi, spesso, celano posizioni al nero. Del resto, i nuovi tempi indeterminati sono il 10% a Viterbo (il 9% è la media nel Lazio, l’8% su Roma, il 15% nella Città Metropolitana di Roma, il 16% a Frosinone, il 7% a Latina, il 15% Rieti). Significa che il 90% dei viterbesi ottengono un posto di lavoro con scadenza: la maggioranza, cioè il 40%, firma per prestare la propria opera per un periodo che va dai 4 ai 12 mesi. “Viterbo e la regione, sia in periodi di contrazione economica che di crescita, vedono aumentare solo il lavoro precario e di brevissima durata” è il commento durissimo del segretario generale della Cgil Roma e Lazio Natale Di Cola.

Dettagliato il quadro del mondo del lavoro che emerge dallo studio del sindacato. Dal 2009 in poi è aumentata la partecipazione delle persone al mercato del lavoro del Lazio ma le nuove posizioni lavorative sono più precarie e di breve durata. Come dimostrano i dati sulle Comunicazioni obbligatorie, ad un incremento su base regionale del 24,9% delle persone interessate da nuove attivazioni di contratti, corrisponde una crescita del numero di contratti del 46%.

Accendendo i riflettori sulla Tuscia, il report della Cgil svela che dal 2009 a gennaio del 2024 in valori assoluti il numero di contratti a tempo determinato è aumentato del 68%, quelli a tempo indeterminato sono calati del 24%. Prendendo invece come punto di riferimento il 2019, anno pre-pandemia, i tempi determinati sono aumentati del 19% e i tempi indeterminati del 17%.

Nel Viterbese negli ultimi 3 anni sono aumentati i contratti attivati di brevissima durata, 1 giorno e 2-3 giorni, mentre tutte le altre tipologie di contratto per durata vedono diminuire il loro peso. Il 4% dei nuovi contratti ha la durata di appena un giorno; il 3% ne dura due; il 14% tra i 4 e i 30 giorni; il 21% tra i due e i quattro mesi. La fetta principale, come già accennato, è quella dei contratti tra i 4 e i 12 mesi che rappresenta il 40% di quelli firmati. Appena l’1% va oltre l’anno e il 17% è a tempo indeterminato. Differenze di genere anche nell’accesso al mondo del lavoro: sotto i 34 anni, sono in maggioranza gli uomini a ottenere un posto (il 46% dei nuovi contratti è per loro, contro il 39% delle donne in quella fascia d’età), mentre salendo con gli anni la proporzione si ribalta (il 60% sono donne contro il 52% degli uomini).

I settori, infine. I servizi di mercato(commercio, turismo, trasporti e logistica, servizi alle persone e alle imprese, compresa la sanità privata, banche e assicurazioni) sono il comparto con più opportunità di assunzione nella Tuscia, seguito da pubblica amministrazione, scuola, sanità, quindi in terza posizione agricoltura silvicoltura e pesca, in quarta le costruzioni, quinta l’industria e fanalino di coda i servizi alle famiglie.

La conclusione della Cgil è tutt’altro che ottimistica: “Nonostante l’economia del Lazio sia una delle più importanti del Paese, si registri un aumento dei redditi complessivi dichiarati e crescano i depositi bancari il mondo del lavoro non vive i benefici di questo miglioramento. C’è un’emergenza che riguarda il lavoro che si chiama precarietà, che prosegue da tempo ed è stata alimentata da scelte sbagliate dei diversi Governi nazionali che hanno sfavorito il lavoro stabile”, conclude Di Cola. E la Tuscia non fa eccezione.

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Il Messaggero