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Papa Francesco oggi a mezzogiorno si è affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico per la consueta preghiera mariana e in una frase ha cristallizzato tutta la sua amarezza per il momento. Il giorno dopo il deludente faccia-faccia con il presidente ucraino Zelensky, ha fatto partecipi i fedeli di un concetto legato alla geopolitica sul quale martella da mesi: che non saranno di certoi le armi a far ottenere al mondo la sicurezza e la stabilità. «Così si continuerà a distruggere anche ogni speranza di pace». Proprio mentre Zelensky in quel momento stava ultimando il suo tour europeo, in Germania, per la creazione di una coalizione di partner disposti a fornire aerei di ultima generazione e altri equipaggiamenti militari utili a fermare l'offensiva russa, al di là del Tevere si rifletteva sul duro scambio di vedute avvenuto nell'Aula Paolo VI il giorno prima, tra Bergoglio e il leader ucraino. Era la prima volta che si incontravano dall'inizio del conflitto, anche se si erano sentiti al telefono dopo l'attacco russo e, soprattutto, dopo la visita – assai inusuale e fuori protocollo – del Papa all'ambasciatore russo Advedeev nella sede dell'ambasciata russa a via della Conciliazione.
Al Regina Coeli mentre accennava al disastro in corso in Terra Santa, Papa Francesco ha ribadito in piazza san Pietro che ricorrere all'uso delle armi non fa che complicare la situazione.
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Il ruolo che può svolgere il Pontefice sul fronte della guerra di conseguenza può solo limitarsi al terreno umanitario, ed essere utile per il rilascio dei prigionieri, per il ritorno a casa degli oltre 19 mila bambini ucraini deportati in Russia, e la distribuzione di aiuti di prima necessità per merito della ramificata rete cattolica europea. Del resto Zelensky prima di ripartire da Roma non ha fatti mistero di aver chiuso ogni porta per un ruolo di mediazione vaticana usando termini perentori. “E' stato un onore incontrare Sua Santità, però lui conosce la mia posizione, la guerra è in Ucraina e il piano deve essere ucraino. Siamo molto interessati a coinvolgere il Vaticano nella nostra formula per la pace”. Peccato però che il Papa non voglia farsi arruolare come 'cappellano' e preferisca mantenere quella che ormai è definita una “neutralità positiva” anche per giocare in futuro un ruolo di facilitatore quando le parti inizieranno a parlarsi.
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