La battaglia sul campo d'allenamento che nasconde la guerra sul campionato

Una settimana di cattivi pensieri» non basterebbe. Forse nemmeno un anno intero sarebbe sufficiente a raccontare con precisione tutto quello che avviene nelle video call di...

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Una settimana di cattivi pensieri» non basterebbe. Forse nemmeno un anno intero sarebbe sufficiente a raccontare con precisione tutto quello che avviene nelle video call di questi giorni tra presidenti. Perché al di là di qualche presa di posizione di facciata l’unità d’intenti non esiste. La pace è impossibile da praticare. Esercizio troppo altruista per chi è abituato a guardare non oltre il campo di casa sua. Se sul taglio degli stipendi tutti sono favorevoli, d’altronde risparmiare è praticata buona ad ogni latitudine, lo scontro più acceso resta quello sugli allenamenti. Un fiume carsico che avvelena ogni discussione. 

Eh già perché questa è solo una battaglia della guerra più grande: la ripresa del campionato. I dati che ogni sera tengono incollati gli italiani alla tv e che fanno la triste conto di morti e nuovi ammalati non regalano sorrisi. La grande paura che attanaglia il calcio è che senza finire il campionato il sistema crolla. O almeno per come è concepito in questo momento. Ossia attaccato ai diritti tv. Senza fine verrebbe meno anche l’ultima tranche: 340 milioni. Soldi che le squadre hanno già speso. E su cui molte costruiscono quel filo sottile sul quale fanno equilibrismi tutto l’anno. Tradotto: se il campionato non finisce diverse squadre dovrebbero fare i conti con lo spettro del fallimento. A resistere sarebbero solo le più grandi e solide. Già, vagamente quelle che compaiono nel grande disegno della super lega. Ecco perché diversi club vogliono riprendere gli allenamenti. Cercare di forzare la mano per poi tornare in campo. A porte chiuse sia chiaro. Anche perché a contagi zero è quasi impossibile. Il Napoli ieri ha annunciato che mercoledì 25 tornerà in campo. Il giorno dopo lo farà la Lazio (anche se potrebbe decidere di slittare ulteriormente al 3 aprile come da Dpcm). Il Cagliari il 31 marzo. Il Lecce, invece, ha rinviato a data da destinarsi. Lotito, insieme a De Laurentiis e Giulini (ma poi anche altri gli hanno strizzato l’occhio) si sono fatti portavoce di questa lotta. 

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NUOVA STRETTA
In attesa di capire anche cosa dirà e quanto durerà il nuovo Dpcm in cui si parla anche di mettere lo stop agli allenamenti degli agonisti. Possibile nuova scadenza il 10 aprile. La lotta va avanti. Nelle varie video-call il discorso che è stato fatto è suonava pressapoco così «tornare ad allenarsi è un segnale anche per il Paese. Dobbiamo dare qualcosa di positivo. E poi gli atleti sono controllati». L’idea è quella di creare piccoli gruppi con sanificazione degli spazi controlli costanti e il tampone. Idea che non piace ad Agnelli. Il patron della Juve deve fare i conti con la nuova positività di Dybala e i calciatori che sono “fuggiti” con permesso all’estero. Quando (quando?) torneranno dovranno affrontare 15 giorni di quarantena. Tradotto non sarebbero a disposizione nemmeno per il 3 aprile. Ecco perché qualcuno vorrebbe estendere il Dpcm molto più in là del 10.

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L’INVITO DI GRAVINA
Ieri intanto la Figc ha inviato una lettera ad ogni componente per invitare tutti ad un senso di maggiore responsabilità. Frizione tra Gravina e il numero uno della B, Balata le cui proposte sono state definite «inopportune e inapplicabili» perché non basate su una reale disponibilità di fondi. L’invito a tutte le componenti è quello di portare (entro oggi) proposte concrete e comuni da presentare al governo. In ballo c’è il futuro del calcio.


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Il Messaggero