Quattro falliti, un camorrista, una donna incinta e il sud del malaffare. Si può riassumere così Noi e la Giulia, il nuovo film di Edoardo Leo che, nell'Italia delle...
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LA STORIA Prodotto dai Lucisano, nelle sale dopodomani con Warner, il film ha per protagonisti un coattissimo venditore di orologi-patacca in tv (lo stesso Leo), un rappresentante di automobili appena licenziato (Luca Argentero), un ex ristoratore (Stefano Fresi), un vetero-comunista (Claudio Amendola) che vogliono creare un agriturismo in Basilicata. Ma non hanno fatto i conti con il camorrista Carlo Buccirosso e altri della sua risma che si presentano a turno per chiedere il pizzo. E con la strampalata Anna Foglietta, incinta chissà di chi, rifugiata in campagna per cambiare vita... Romano, 42 anni, alla terza prova da regista dopo l'applaudito 18 anni dopo e la commedia sentimentale Benvenuto papà, Leo racconta la sua nuova sfida.
Dove ha preso lo spunto?«Ho portato sullo schermo il romanzo di Fabio Bartolomei Giulia 1300 e altri miracoli (E/O) che fotografa, con lucida spietatezza, l'Italia dei mille fallimenti. E ha per protagoniste due generazioni: i quarantenni che fanno un lavoro diverso dai loro sogni e inseguono il piano B, e i cinquantenni che hanno visto crollare gli ideali».
C'è un messaggio?«No, il film è una storia di resistenza civile ma non propone soluzioni. Vuol essere soltanto una commedia divertente».Il suo personaggio è cafone, razzista, omofobo. A chi si è ispirato?«Per interpretare questo coatto moderno, ho pensato a certi imbonitori tv, a Fabrizio Corona e a tutti quelli che della loro ignoranza fanno una bandiera. Mi sono molto divertito».
È facile, in Italia, riuscire a realizzare una commedia fuori dagli schemi?«Non tanto, a dire la verità. Sono perciò grato ai produttori e al distributore che mi hanno dato fiducia. Noi autori siamo tenuti a proporre cose sempre diverse, anche a costo di combattere. Ma qualcosa sta cambiando, per fortuna. L'anno scorso gli incassi degli anticonvenzionali film di Pif, Virzì, Sorrentino e Sibilia sono stati segnali più che incoraggianti».
Si può ridere della camorra?«Si deve! Sbeffeggiare la criminalità è un'ottima maniera per combatterla. Soprattutto da parte di chi, come me, fa il commediante e possiede solo l'arma dello sberleffo».
Quali sono i suoi riferimenti cinematografici? «Ettore Scola, innanzitutto. È il mio faro perché ha realizzato delle meravigliose commedie che raccontavano l'Italia con i suoi difetti e la sua umanità».
Per lei, laureato in sociologia della letteratura, il cinema ha rappresentato il piano B? «Sì, ma avevo una tale voglia di fare film che ho saltato a pié pari il piano A».
Cosa suggerirebbe ai giovani che sognano di fare il suo stesso mestiere? «Di ribellarsi al destino già segnato e prendere in mano la propria vita. Come i protagonisti di Noi e la Giulia, che si buttano e rischiano per realizzare qualcosa in cui credono davvero. I sogni nel cassetto fanno la muffa».
E se gli americani volessero fare un remake del suo film? «Magari! Già vedo il titolo: Noi e la Mustang». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero