Due piccoli italiani, quella pazza fuga verso la libertà di due picari pugliesi

Due piccoli italiani, quella pazza fuga verso la libertà di due picari pugliesi
Con la crisi che non finisce, il cinema italiano si fa condizionare dal retaggio neorealista e stenta a reinventarsi fabbrica di sogni, per sottrarre il pubblico alle umiliazioni...

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Con la crisi che non finisce, il cinema italiano si fa condizionare dal retaggio neorealista e stenta a reinventarsi fabbrica di sogni, per sottrarre il pubblico alle umiliazioni della realtà, ciò che Hollywood fece dagli anni 30' del 900. Cinecittà ha risposto in questo senso meno anche di altre cinematografie europee al suo ruolo consolatorio. Era il 2008 quando Ken Loach regista britannico del cinema più impegnato raccontava col sorriso dramma sociale e tifo calcistico per Eric Cantona ne "Il mio amico Eric". Non solo: il suo film veniva premiato a Cannes, a conferma che il cinema non è solo denuncia.


Ora lo spirito comunitario - che percorre "Il mio amico Eric", ambientato a Manchester - rivive in "Due piccoli italiani", diretto e interpretato da Paolo Sassanelli, che l'ha scritto con Francesco Apice, Luce De Bei e Chiara Balestrazzi. Si parte, in tutti i sensi, da Minervino (città d'origine dei nonni di Sassanelli). Due ricoverati in un istituto psichiatrico aggrediscono due infermieri e fuggono. Non hanno un piano, vogliono solo andare via. Arrivano a una piazzola dell'autostrada e salgono su un pullman di tifosi del St. Pauli, squadra tedesca delle serie minori, che non avrebbe una vera ragione sportiva per esser lì, salvo tirare a bordo loro, reietti veri tra reietti che si atteggiano tali. Il pullman, coi due passeggeri imprevisti, solca la notte; sulla coda ha la scritta: «Never Walk Alone». Forse perché anche l'autista è anarchico, forse perché i tifosi tedeschi sono all'ennesima birra, il pullman non arriva ad Amburgo, Germania, ma a Rotterdam, Paesi Bassi, dove uno degli italiani cerca la madre. 

QUARTIERE
Inizialmente, nel quartiere a luci rosse della città, lui e il compare trovano signore diversamente materne. Tra sbandati ci si capisce, però. E poi le comuni sono lì per questo. Ma un sodalizio estremo tra disagiati di diverse culture può funzionare solo per poche ore. Dopo, si ricomincia ognuno per sé. La solitudine di tutti locali e nuovi arrivati - nella luce dell'estate nordica corrisponde allo scoprire che non aver legami ha il suo prezzo. L'abilità di Sassanelli e compagni è mostrarlo e poi trovare un rilancio, per proseguire, quasi sempre credibilmente, in una storia che potrebbe finire in ogni attimo, al primo controllo di documenti, con l'arresto, il rimpatrio e una lunga detenzione per i due picari pugliesi. La trovata della presunta madre olandese, non presa sul serio prima, diventa allora il sostegno per il resto della storia, con un riferimento all'Italia dei primi anni '60, quella del Cantagiro, delle sue cantanti straniere la cui fama durava un'estate o due e delle figurine a punti con l'olandesina dei detersivi della Mira Lanza. L'Italia della tv in bianco e nero e con un solo canale, poi con due, quando Sassanelli era bambino.

Due piccoli italiani

Commedia, Italia/Islanda, 94'
Voto: 3/5 Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero