Virus, l'epidemiologo Lopalco: «Bimbi e adolescenti positivi sono contagiosi come gli adulti»

Virus, l'epidemiologo Lopalco: «Bimbi e adolescenti positivi sono contagiosi come gli adulti»
«Uno studio tedesco conferma che la carica virale nei bambini e negli adolescenti non è significativamente inferiore a quella degli adulti. Pur avendo raramente forme...

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«Uno studio tedesco conferma che la carica virale nei bambini e negli adolescenti non è significativamente inferiore a quella degli adulti. Pur avendo raramente forme gravi di malattia, se s'infettano esprimono lo stesso potenziale di contagiosità degli adulti». Lo sottolinea Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene e medicina preventiva all'Università di Pisa, in un articolo su 'MedicalFacts.it', il sito fondato dal virologo Roberto Burioni. «Lo studio tedesco, guidato dal gruppo di Christian Drosten, dimostra come, in un campione di 3.303 pazienti positivi al coronavirus, la carica virale nei bambini e negli adolescenti non è significativamente inferiore a quella degli adulti - ricostruisce l'epidemiologo - Insomma, secondo gli autori il coronavirus non si comporterebbe molto diversamente dai virus influenzali in cui i bambini svolgono un ruolo importante nella diffusione del contagio. Hanno raramente forme gravi di malattia, ma, se s'infettano, esprimono lo stesso potenziale di contagiosità degli adulti. È un'ulteriore evidenza che cerca di gettare luce sulle dinamiche di infezione e trasmissione del virus fra i bambini, soprattutto in preparazione alla riapertura delle scuole a settembre. Fino a oggi, in base alle evidenze scientifiche raccolte, la cautela è comunque ampiamente giustificata». 


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«Sono ancora molte le incertezze sul comportamento del Sars-CoV-2 nei bambini - prosegue Lopalco - Sappiamo per certo che i bambini, soprattutto al di sotto dei 9 anni, esprimono l'infezione in maniera asintomatica o con forme di malattia generalmente lieve. Ma ancora non sappiamo bene quale sia il ruolo dei bambini nel sostenere la trasmissione del virus. Questo è dovuto a diverse ragioni: molto spesso i bambini sono coinvolti nei focolai come casi secondari, in quanto i focolai studiati sono quasi sempre a partenza da adulti che hanno viaggiato o hanno contratto l'infezione sul luogo di lavoro e l'hanno poi trasmessa in ambito familiare». «Inoltre, difficilmente è stato possibile documentare cluster a partenza da bambini, visto che le scuole sono state chiuse precocemente quasi dappertutto nelle fasi iniziali dell'epidemia. Questo ha potuto anche portare a sottostimare il ruolo dei bambini nell'innescare focolai intrafamiliari», conclude l'epidemiologo. 
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Il Messaggero