Persone sole, principalmente residenti al Nord, tra i 60 e i 95 anni e che sono preoccupate per le conseguenze che potrebbero avere per un contagio da Covid-19. Questo è il...
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Una piccola percentuale delle persone che ha chiamato (il 2%) è composta da persone più giovani preoccupate per i propri genitori, nonni, vicini di casa e chiedono una consulenza su quali siano le migliori strategie per aiutarli in questo momento, sia da un punto di vista pratico sia psicologico. «Chi ci chiama sono persone la cui solitudine è stata aggravata dalla confusione di notizie ora allarmistiche ora ottimistiche che li vedono protagonisti come soggetti fragili, su cui aleggia l'ipotesi di una morte caratterizzata non solo da sofferenza ma anche dall'isolamento e completo allontanamento dai propri cari», dice Elena Zito, psicologa, portavoce di Sipem Sos.
Alcuni anziani, spiegano gli psicologi che seguono il progetto, sono disorientati dalla costrizione conseguente all'isolamento perché gli è stato tolto quel sostegno sociale esterno e quotidiano su cui potevano contare (ad esempio frequentare la chiesa, andare dal panettiere o al centro sociale per anziani), sperimentano emozioni nuove, vivendo la contraddizione del sentirsi al sicuro ma anche in gabbia nelle proprie case. Molti sono in ansia non tanto nel considerare la fine imminente della propria vita che, come dice qualcuno, è qualcosa di già contemplato, ma per l'incertezza di non poter più fare le cose normali e banali.
«Sempre più emerge che la generazione degli anziani è quella maggiormente penalizzata dalla pandemia - dichiara il presidente di Senior Italia Federanziani Roberto Messina - La prospettiva di un lungo periodo di isolamento sociale, in particolare per questa fascia d'età più fragile, rende indispensabile l'adozione di misure che consentano agli anziani di tornare a una condizione di normalità pur all'interno dei nuovi limiti imposti da ragioni di sicurezza».
Il Messaggero