La legalità perduta nelle corsie di ospedale

La legalità perduta nelle corsie di ospedale
Gli ospedali, per definizione, sono luoghi di cura e di assistenza e dunque di sofferenza e di dolore diffuso, acuto, profondo. Luoghi dove la legge sovrana è quella della...

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Gli ospedali, per definizione, sono luoghi di cura e di assistenza e dunque di sofferenza e di dolore diffuso, acuto, profondo. Luoghi dove la legge sovrana è quella della mano tesa e non certo di quella armata. Eppure, negli ospedali con sempre maggiore frequenza si assiste a vampate di violenza contro medici, infermieri, personale. Nei pronto soccorso, avamposto di ogni emergenza, spesso drammatica e pervasiva, gli assalti, da eventi isolati sono diventati veri e propri fenomeni con sequenze che si ripetono con identiche modalità. 


A Roma i presìdi di polizia fissi e h24 riguardano solo tre ospedali; negli altri, che sono tanti e ugualmente importanti, la vigilanza è a singhiozzo, scarsa, spesso inesistente. L’obiettiva carenza di certe strutture ma soprattutto la sconsideratezza di comportamenti individuali ha finito per imporre il tema della sicurezza come primario e urgente. Al Policlinico San Camillo, solo per fare un esempio temporale, un gruppo di rom ha aggredito due degenti, l’altra sera un ghanese ha preso a botte quattro infermieri e due addetti alla sicurezza. 


La scarsità del personale vigilante per un verso, l’inadeguatezza cronica degli organici di quello medico e paramedico, stressato da turni infiniti e da carenze strutturali, diventano il ring sul quale esplode il delirio della violenza. Il problema è nazionale. Ma anche da noi il tema non accetta più ritardi o distrazioni. Semplicemente per un fatto di legalità applicata. Ineludibile.


graldi@hotmail.com

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Il Messaggero