Se i call center non risolvono i problemi dei cittadini

Se i call center non risolvono i problemi dei cittadini
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Salta Internet e l’ufficio va in tilt. La linea telefonica d’improvviso muta, avvolta in un silenzio surreale. Le bollette del gas e della luce, considerati gli aumenti, danno di matto. Il bisogno di rinnovare la carta di identità si fa inderogabile. Serve un appuntamento per pagare l’Ama. Piccolo campionario di disguidi quotidiani, tutti con un comune disagio: la fatica snervante, spesso la impossibilità di riuscire a parlare con l’istituzione di cui si ha bisogno.

La tecnologia e i call center hanno inventato e raffinato nel tempo svariate soluzioni con un unico traguardo: svicolare dall’utente. E così, composto il magico numero, spesso a tre cifre, si viene condotti nel labirinto dei rimpalli: se ha bisogno di questo digiti uno, se ha bisogno di quello digiti due, se ha bisogno di un operatore digiti tre. Ecco, è al magico tre, che la macchina elettronica del depistaggio entra in funzione: scatta una attesa sostenuta da una musichetta o da un inno stentoreo.

Certo, per chi ha bisogno, la pazienza è un additivo indispensabile. Ma quanta pazienza? Parecchia. Comunque, dopo un tot di minuti s’appalesa una voce: «Sono Carla, in cosa poso esserle utile?» dice con tono rassicurante. Bello, ci sono, è fatta, pensa l’utente, stavolta ho risolto. E spiega il caso all’interlocutore che interrompe la narrazione del problema da risolvere con qualche domanda a chiarimento. «Ho capito, provvedo, la metto in attesa». L’attesa si prolunga per un po’ e poi cade la linea. E allora? Niente da fare. Buio è e buio rimane. Grazie per il servizio. 
 

graldi@hotmail.com

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Il Messaggero