Probabilmente non si saprà mai chi è stato a colpire Luca Varani. Chi ha impugnato il coltello o il martello, e lo ha ucciso sottoponendolo a una lenta agonia. La...
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Le impronte dei killer, quindi, sono rimaste coperte e non si saprà mai se Marco Prato abbia infierito maggiormente sul ventisettenne coinvolto nel festino a base di droga e alcool nell'appartamento al Collatino. Oppure se quanto raccontato da Manuel Foffo corrisponda a verità, ovvero che sia stato il complice il primo ad accanirsi. Se abbia inferto lui il colpo finale e abbia infilato il coltello nel cuore della vittima: l'ultimo affronto a un corpo già torturato e seviziato lentamente.
Dopo diversi incidenti di percorso, rallentamenti provocati da discussioni tra periti, risultati dell'autopsia ancora non completati, si presenta ora questa nuova incognita. Foffo e Prato, dal giorno successivo all'arresto, si sono accusati a vicenda, scaricando reciprocamente la responsabilità della decisione finale. Poi Prato, l'ex pierre delle notti romane, ha scelto il silenzio. Si è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha più detto niente al magistrato. Mentre Foffo sembra aver preso coscienza di quanto fatto. E, alla presenza del suo avvocato Michele Andreano, ha continuato a parlare, a sfogarsi, a piangere. Mentre in questi mesi sembra aver vissuto il carcere come la giusta punizione per quanto ha commesso.
I risultati della perizia, comunque, non cambieranno le posizioni, perché l'impianto accusatorio resta immutato. Sebbene anche l'analisi dei telefonini non sembra aver dato grandi risultati. E in attesa che gli accertamenti tecnici vengano conclusi, il pm dovrà rinunciare a chiedere il processo con giudizio immediato, visto che, quasi certamente, i sei mesi stabiliti dalla legge saranno ampiamente superati prima dell'arrivo delle relazioni definitive. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero