Erano nascosti tra i cespugli, in una distesa d'erba a pochi chilometri di distanza da casa, dalle baracche e roulotte del campo della Monachina. Avevano ancora i segni...
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All'arrivo degli agenti si sono consegnati, hanno smesso di fuggire. Prima di andare davanti al magistrato si sono lasciati andare in un pianto disperato, di chi sa di aver commesso un crimine orrendo.
Da cinque giorni i due fratelli fuggitivi, responsabili dell'incidente mortale di mercoledì sera nel quale ha perso la vita la filippina Corazòn Abordo, si erano volatilizzati nel nulla. A rintracciarli, prima ancora della polizia, è stata la madre al termine di una lunga notte passata tra le sterpaglie che avvolgono la periferia ovest della Capitale, tra Casal Lumbroso e Massimina. «Li ho trovati», ha detto alla figlia mentre il sole cominciava ad albeggiare. Ora il 19enne si trova nel carcere di Regina Coeli, mentre il 17enne - marito della coetanea arrestata a poche ore dall' incidente - è stato portato in un centro di prima accoglienza.
L'accusa nei loro confronti è quella di omicidio volontario in concorso. Ma le indagini della Squadra Mobile non sono ancora terminate. Non è esclusa, infatti, la presenza di una quarta persona a bordo dell'auto-killer. La notizia dell'arresto arriva in mattinata, confermata in pochi minuti dal ministro dell'Interno Angelino Alfano che, ringraziando le forze dell'ordine, chiarisce fin da subito che alla guida dell'auto «sembra ci fosse» il minorenne. Informazione confermata poi nel pomeriggio dal capo della Squadra Mobile, Luigi Silipo, durante un'affollatissima conferenza stampa in cui ripercorre l'intera vicenda, ribadendo che i due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti ai pm.
Contrastanti le reazioni da parte della famiglia della filippina uccisa, con il fratello che già in mattinata aveva cercato di avvicinarsi al campo della Monachina per spiegare ai familiari dei ragazzi di «non provare odio». «Siamo pronti al perdono - ha spiegato - Il dolore c'è ma poi passerà con l'aiuto del Signore». La cognata della vittima, invece, chiede che i responsabili dell'incidente non vengano rilasciati «altrimenti lo rifaranno».
Al campo sull'Aurelia, invece, la sorella dei due arrestati chiede più volte perdono. «I miei fratelli hanno sbagliato ed ora è giusto che pagino», dice con le lacrime agli occhi.
Il Messaggero