Fare l’animatore all’oratorio estivo vale come scuola-lavoro, non mi spiegavo il successo della...
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vale come scuola-lavoro,
non mi spiegavo il successo
della parrocchia. #sappevatelo
@latente_flickr
Oratorio estivo, o – come si dice oggi – centro estivo della parrocchia. Il sacerdote, abbastanza giovane e al passo con i tempi, si rivolge ai ragazzi, tutti più in meno intorno agli 11-12 anni: quinta elementare, qualche prima media, pochissime seconde. «Chi di voi ha un telefonino cellulare?», chiede. Mani alzate, quasi tutte. Minime eccezioni, due o tre elementi al massimo su un gruppo di un centinaio di bambini. Seconda domanda: «E chi di voi invece possiede già un suo profilo Facebook?». Stavolta le mani che si alzano sono inversamente proporzionali a quelle delle prima risposta: due-tre su, le altre restano giù. Terza, e ultima domanda, quella dirimente: «Benissimo, e ora ditemi: quanti di voi sono su whatsapp?». Si ritorna alle percentuali del quesito numero uno: tutti, o quasi.
La conclusione del sacerdote è obbligatoria: «Mi pare evidente che Facebook è il passato, mentre le chat sono il futuro. Facciamo un gruppo via telefonino anche per il campo estivo...». Ora, a parte il bip bip incessante delle notifiche per un gruppo di oltre 100 persone, l’esperimento ha un suo perché. E magari dimostra anche che Facebook, per i giovani e giovanissimi, è meno attrattivo di altri social, molto più diretti e più facilmente fruibili. Forse Fb “era” il futuro, quando si usava per ritrovare i vecchi compagni di classe del liceo o delle medie. Che oggi, anche loro, stanno tutti su una chat con la doppia spunta: «Quando ci rivediamo?». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero