Morlupo, rinasce l'albero di San Francesco d'Assisi dopo otto secoli

Morlupo, rinasce l'albero di San Francesco d'Assisi dopo otto secoli
L’albero di San Francesco rinasce a Morlupo, a nord di Roma vicino alla Flaminia, dopo otto secoli, proprio nel punto dove la tradizione narra che il Santo di Assisi...

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L’albero di San Francesco rinasce a Morlupo, a nord di Roma vicino alla Flaminia, dopo otto secoli, proprio nel punto dove la tradizione narra che il Santo di Assisi abbia piantato una ghianda quando passò nella zona, in una radura vicino al monastero di Santa Maria Seconda, attorno al 1200.

L'albero, un leccio gigantesco, crebbe amato ed è stato venerato per ottocento anni dai morlupesi e da tutti quelli che sono passati nella zona. Poi fu abbattuto da un fulmine. Ora rivive grazie a una collezionista di semi nota in tutto il mondo, una pittrice tedesca, Rosina Wachtmeister, che abita a Capena, conoscitrice e appassionata di botanica. Durante una visita al leccio, la donna aveva preso tre ghiande, che riuscì a far germogliare.

 

 

 

Prime ghiande

 

 

La piantina più grande fu donata ad Andrea Lunerti, un naturalista della zona vicina a Capena, Castelnuovo e Rignano, che la mise a dimora. Oggi, dopo tre anni, nel pieno dell'epidemia di Coronavirus, l’albero di San Francesco ha iniziato a dare le prime ghiande. Il leccio di Santa Maria Seconda per ottocento anni ha “accompagnato” generazioni di bambini e ragazzi. La radura veniva considerata un luogo ideale per il gioco. San Francesco sarebbe passato a Morlupo di ritorno da Roma, dove aveva fatto visita al Papa per implorarlo affinché la Chiesa tornasse all'umiltà e alle origini. Piantò un seme vicino alla chiesetta di Santa Maria Seconda dove poi è nato il monastero. Si narra che Francesco d’Assisi abbia sostato insieme a un compagno di viaggio davanti all'abbazia e che il compagno, malato, malato morì proprio in quella circostanza. Il Santo del "Cantico delle Creature" avrebbe avuto in tasca alcune ghiande raccolte sul Monte Subasio in Umbria. Piantò il seme in ricordo dell’amico che lo aveva accompagnato fino a lì.

 

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Il Messaggero