A Roma, il tabacco arriva a fine Cinquecento. Lo porta il cardinale Prospero Publicola de Santa Croce che, da nunzio in Portogallo, ne conosce l'inventore, il francese Jean...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
CITTÀ POVERA
Il problema di industrializzare la città era antico: era abitata prevalentemente da accattoni e persone al servizio dei nobili e dei cardinali, oltre che dal clero. Così, per esempio, nel 1585 Sisto V Peretti, per «trovar modo che le povere genti possano vivere delle loro fatighe», stanzia 28 mila scudi dedicati alla lavorazione della seta alle Terme di Diocleziano, e della lana al Colosseo; intendeva perfino renderlo abitabile: 36 miniappartamenti, dati a altrettanti setaioli. Per fortuna, non se ne fece nulla. Ma nel 1757, valutandolo dannoso alle finanze dello Stato Pontificio, la Camera apostolica abolisce il monopolio. Tornerà nel 1808, quando a Roma arrivano i francesi. E Pio VII Chiaramonti ne riporta la produzione a Trastevere.
All'inizio del secolo XIX, vicino all'ospedale di Santa Margherita si lavorava il tabacco da fiuto; al San Michele si fabbricavano i «sigari forti»; a Santa Maria dell'Orto, quelli «leggeri». Ma gli opifici erano tutti malmessi. Dal 1831, per dieci anni, il monopolio, ormai di sale e tabacchi, va ai Torlonia.
GLI INCASSI
L'erudito marchese Giuseppe Melchiorri, cugino di Giacomo Leopardi, dice che nel 1839 Roma, produceva 50 milioni di sigari all'anno, e 170 mila chili di tabacco da naso e di trinciato. Lo Stato Pontificio aveva altre due fabbriche: a Chiaravalle (funziona ancora) e a Bologna. Per conservarsi il monopolio, il principe Torlonia sborsa un milione e 350 mila scudi, in rate mensili. La popolazione consumava 17 milioni di chili di sale, e c'erano oltre cento tabaccai. Dal 1855, il papa ne avoca la produzione e il commercio; e nelle casse pontificie entrano ogni anno due milioni di scudi: è il terzo reddito dello Stato, dopo le dogane e le tasse sui «fondi rustici». Il 1860, con la perdita delle Marche e dell'Umbria, provoca un crollo delle entrate: si riducono di tre quarti. Nasce così un nuovo impianto, che unifica tutti quelli già esistenti.
NUOVA FABBRICA
La Manifattura di Pio IX a piazza Mastai era immensa: 168 metri di facciata (poi decurtata nel 1958); appena tre anni per edificarla, fino al 1863: otto colonne doriche, e un timpano che le sovrasta; un piccolo portale d'ingresso, e, all'inaugurazione, il pontefice celia: «Adesso, che sono entrato dalla finestra, fatemi vedere dove è la porta». La fattura è neoclassica, di Antonio Sarti. Di fronte, il papa vuole un quartiere di abitazioni popolari: però, la piazza verrà poi stravolta dall'apertura di Viale Trastevere; ora, sono in via Merry Del Val. E in mezzo, ecco una fontana, di Andrea Busiri Vici: quattro delfini dalle code intrecciate, un catino con sopra quattro amorini; un tempo, era chiusa con una cancellata, e circondata di aiuole. Dal 1927, è la sede dei Monopoli di Stato: ormai, soprattutto giochi. La produzione finisce alla Garbatella. Nel 1999, nasce l'Eti, Ente tabacchi italiani; nel 2004, viene ceduto alla British American Tobacco. A Chiaravalle, si produce ancora; come in altri tre luoghi d'Italia.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero