Licenziati. La mannaia della “giusta causa” si è abbattuta su tre impiegati dell’Ufficio denunce di morte, presso l’Anagrafe del Comune di Roma....
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Una cresta accettata, considerata quasi legale, come affrancare un bollo, che ha il pregio di sveltire una pratica che dovrebbe correre sulle proprie gambe anche senza spintarelle. E proprio qui sta lo schifo. Perché in quelle piccole e continue donazioni che alla fine del mese per impiegato fanno la bella cifretta di sei, sette, ottomila euro, secondo calcoli interni considerati attendibili, non si nasconde un gesto di sincera e non dovuta riconoscenza ma piuttosto una forca ammantata di furtive maniere che in realtà soggiacciono a un odioso ricatto: i tempi, dicono, sono quelli che sono, lunghi, gli impiegati pochi e stressati, i morti tanti, e dunque se davvero si vuol risolvere la pratica con il certificato di morte pronto all’uso, indispensabile per organizzare l’estremo saluto al caro estinto occorre slanciarsi in un gesto di buona volontà. Allungare la stecca, la mazzetta che entra diritto, a Roma e ovunque altrove, nel grande registro (un autentico calderone) della corruzione, la quale si sperde per mille rivoli e si ramifica in una grande quantità di uffici.
Si diceva della “pentito”: ebbene sì, un addetto, impiegato di una società di pompe funebri, rifornita dai superiori delle bustarelle pronta cassa, si è messo una mano sulla coscienza e davanti alle telecamere, incappucciato e irriconoscibile, ha raccontato del colossale giro di mazzette mortuarie, ripresa fin dallo scorso gennaio dall’inviato di Striscia la notizia Max Laudadio. Il collega Laudadio ha poi esteso la sua indagine anche altrove provando, candid camera alla mano, che anche all’ospedale sant’Eugenio, all’Eur, il metodo era serenamente applicato per ogni dolorosa dipartita che avesse bisogno del certificato di fine vita. Sentendosi braccati dai filmati che più chiari di così non si può gli impiegati sotto accusa hanno giocato d’anticipo: si sono autosospesi, sperando in una moratoria o almeno nella indulgenza che in questi casi si accompagna alla memoria labile.
Sono infiniti i casi del genere e anche peggiori in cui l’oblio ha lavato via le responsabilità e gli addetti sono rimasti imperterriti al loro posto.
Il Messaggero