Cestini antiterrorismo, la grande bruttezza per colpa dell'Isis

Un gabbiano all'assalto del cestino antiterrorismo
Per la sicurezza a Roma, verranno rimossi i cestini di ghisa. Ai tombini ha già provveduto Salvini ...

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Per la sicurezza a Roma, verranno rimossi i cestini di ghisa. Ai tombini ha già provveduto Salvini

@AntonellaArezzo


Se l'intento dei terroristi è anche quello di imbruttire la nostra vita, possiamo dire che a Roma la jihad ha raggiunto un obiettivo. La comparsa in città dei cosiddetti cestini antiterrorismo è certamente inevitabile dal punto di vista della sicurezza, ma altrettanto certamente è un atto di resa della nostra civiltà. Proviamo a elencare i difetti dei nuovi cestini trasparenti.

Innanzitutto sono indiscutibilmente, imperdonabilmente brutti, sgorbi di plastica privi di una forma. Sono brutti da vuoti, ed essendo trasparenti diventano addirittura sconci quando si riempiono. Sono esposti al saccheggio di ratti e gabbiani, con conseguente sversamento di immondizia in strada. Non hanno il posacenere per spegnere le sigarette, quindi i fumatori (finalmente obbligati per legge a non gettare le cicche in terra) vi lanciano i loro mozziconi ancora accesi, con il rischio di appiccare un incendio. Infine in caso di pioggia si riempiono d'acqua, ma a quest’ultimo difetto sembra aver voluto porre rimedio il Padreterno che dal giorno in cui i nuovi cestini sono arrivati ha fatto cadere su Roma giusto qualche goccia.

I vecchi cestini invece erano, bisogna ammetterlo, piuttosto belli. Non erano neanche tanto vecchi, anzi avevano meno di venti anni, ma la forma elegante e la robusta consistenza in ghisa non li faceva sfigurare tra le antichità della città eterna. Erano in fondo un bell’esempio di design esclusivo romano, un po’ come i nasoni, le fontanelle inventate nell'800. Pochi lo sanno ma avevano anche un nome: si chiamavano “Cestini Giubileo”, essendo stati installati per l'Anno santo del 2000. È stato un altro Anno santo, capitato purtroppo al tempo dell’Isis, a segnare la loro fine.

pietro.piovani@ilmessaggero.it  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero