«L'evento è stato indubbiamente increscioso. Personalmente l'idea che mi sono fatto è che il tutto sia stato anche ingigantito e forse da qualche parte si è voluto...
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«Da parte della parrocchia - aggiunge - mi sembra che ci sia stata una valutazione inadeguata della situazione, il tutto causato un pò dal superlavoro (in quella parrocchia ci sono giorni in cui si celebrano 6-7 funerali), un pò da un'insufficiente conoscenza del territorio, peraltro molto complesso e popoloso. Io sono certo che il parroco, Don Giancarlo, uomo totalmente dedito al suo lavoro pastorale che io stimo e apprezzo, effettivamente non sapesse chi era Vittorio Casamonica. Però devo anche dire che un funerale che si celebra il 20 agosto, quando la metà dei confratelli è fuori sede e, com'è accaduto in questo caso, la richiesta del funerale viene ricevuta da persone diverse dal parroco, configura una situazione ancora più particolare. Posso meravigliarmi che i collaboratori non lo abbiano avvisato o informato del contesto, ma non vedo nessuna forma di dolo in quello che è accaduto». Don Mancini dice di sapere chi fossero i Casamonica già prima del funerale. «È un nome che qualche volta ha occupato la cronaca romana. Sono a conoscenza del fatto che alcuni membri di quella famiglia hanno avuto problemi con la giustizia. In alcune nostre realtà educative di Roma, abbiamo incontrato in passato ragazzi con questo cognome. Certo potevano essere considerati ragazzi difficili, ma trovo scorretto affermare che un cognome debba diventare automaticamente un marchio negativo. E certamente se li guardiamo con gli occhi di Don Bosco sono proprio i ragazzi difficili quelli a cui dare le nostre maggiori attenzioni educative».
E il parroco sapeva dei Casamonica? «Che io sappia no», risponde Don Mancini. «Don Giancarlo Manieri è marchigiano e nelle Marche ha operato per molto tempo.
Il Messaggero