Summum ius summa iniuria. Ecco un motto latino non privo di un suo interesse. Così, dato un errore procedurale del Campidoglio, dobbiamo subire un’ennesima ingiuria...
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Fino a quel momento, quando il Tribunale Amministrativo Regionale ha stabilito di deliberare, i centurioni e affini sono abilitati a scorazzare al Colosseo, al Pantheon e in altri luoghi cruciali dell’Antichità. Il problema è che i centurioni e affini non sono così automaticamente assimilabili agli artisti di strada, per i quali il Campidoglio dispone di una adeguata regolamentazione. Ma qui subentra la legittima autorità del Tribunale quando riscontra una anomalia o un errore procedurale. Certo, si potrebbe dire che i Tar nell’immaginario collettivo sono ormai diventati il simbolo di un Italia sospesa. Ma tant’è: dopo gli olivi dell’oleodotto pugliese, oggi tocca ai militi posticci di casa nostra. È l’Italia, bellezza.
Ma torniamo al punto. Il Campidoglio, spiega il Tribunale, ha emesso un’ Ordinanza giustificando il divieto ai centurioni con motivazioni di urgenza. Il provvedimento diceva che i centurioni sono vietati per una motivazione di urgenza e il Tribunale nota che l’ urgenza non c’è. Quindi sospende il provvedimento. Se ne riparlerà a fine anno, quando i centurioni e i risciò avranno avuto il tempo di sfruttare la bella stagione e gli incassi, magari in barba al decoro.
Proviamo a guardare la realtà oltre le procedure. È dunque un bene che questi supposti artisti di strada (così giudicati dal Tribunale per “assimilazione”) operino nell’ambito delle attività turistiche, culturali e ricreative? A noi sembra che il problema sia quello intrinseco alla loro stessa attività e al modo di espletarla. Che a noi sembra abusivismo e con qualche rischio latente. È un tipo di attività con cui si accaparrano denari (facciamoci la fotografia o simili) senza svolgere una vera attività lavorativa e oserei dire neanche artistica (l’arte, comunque, è un lavoro e molto serio). Questo provoca comportamenti sovente arroganti e violenti e soprattutto scontri tra gli “addetti ai lavori” che si svolgono in mezzo al “pubblico”. Perché i soldi li vogliamo tutti (e facili magari ancora meglio, secondo una dottrina che sembra un po’ dura a morire) ma se la concorrenza si svolge così questo può turbare un regolare andamento della vita sociale. Inoltre getta discredito sulla dignità dei siti e delle persone e sui comportamenti di coloro che operano appunto per la tutela e valorizzazione dei beni culturali.
Certo non spetta al Tribunale l’ organizzare tali servizi e l’assessorato allo Sviluppo economico, Turismo e Lavoro della città di Roma ha fatto sapere che prenderà subito provvedimenti adeguati. Dunque il caso è risolto o così almeno si spera, nell’ossequio delle indicazioni del Tribunale e nel rispetto della città e dei cittadini tutti? Speriamo che sia così, ma rendiamoci conto che l’Amministrazione comunale deve predisporre i suoi provvedimenti con maggiore consapevolezza e conoscenza dei meccanismi.
Ennesima dimostrazione che l’onestà è la “conditio sine qua non” (sempre questo benedetto latino) ma è, poi, la perizia che garantisce il funzionamento della Amministrazione. Stiamo attenti. Perché la nostra città non deve essere ingiuriata, mai e in nessun modo, nemmeno dalla buona fede o presunta tale.
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Il Messaggero