RIETI - Luis Sepúlveda Calfucura, questo il vero nome dello scrittore cileno morto ieri in Spagna a 70 anni a causa del coronavirus. In Sabina ha lasciato un pezzo...
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La storia
Luis Sepúlveda, nel 2016 partecipò alla manifestazione Liberi sulla carta a Farfa, la grande kermesse dell’editoria indipendente, e poi soggiornò a Casaprota dal suo amico Renato tra i padri fondatori dell’Associazione culturale Sabinarti ed è lì, quando visita il Palazzo del Gatto, sede e fucina di mostre ed eventi culturali, laboratori e residenze per artisti, che gli viene l’idea. “Luis Sepúlveda visita il Palazzo del Gatto e nasce una storia. O forse la storia era lì, e aspettava Luis per essere raccontata” è stato scritto successivamente al dono lasciato come testimonianza del passaggio del grande scrittore e giornalista.
Il ricordo dell'amico d'infanzia
Il ricordo dell’amico d’infanzia Renato Vivaldi è riassunto nel suo bel post col quale saluta per l’ultima volta Lucho, come era solito chiamarlo nelle belle e lunghe conversazioni a tavola o al Bar del paese di un altro amico, Emanuele Micarelli (nella foto una loro riunione).
A nome dell’associazione culturale Sabinarti, Renato Vivaldi ha annunciato la notizia della morte di Luis Sepúlveda il quale oltre ai tanti scritti, libri, poesie e romanzi che ha lasciato da Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, a Patagonia express fino al celebre Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, lascia l’inedito “Un gatto e l’arte” che il suo amico ha voluto ricordare e rendere noto il giorno della sua scomparsa.
“Oggi il nostro amico Luis Sepúlveda è volato via - scrive Renato Vivaldi - proprio lui che ci ha insegnato a volare. Un combattente che narrava storie, con passione e delicatezza, che dava voce a chi voce non aveva, che amava il cibo e il vino buono. Lo vogliamo ricordare con un racconto che ha scritto qui a Casaprota, dopo aver visitato il Palazzo del Gatto. Ciao Lucho, che il cielo ti sia lieve”.
Il racconto inedito
Un gatto e l’arte
di Luis Sepúlveda
“Una volta, più di quattro decadi fa, un borghese un tempo facoltoso chiuse definitivamente le porte del suo palazzo a Casaprota, un tranquillo borgo della Sabina, molto vicino a Roma e molto lontano nel tempo. Chiuse la porta dietro ai suoi passi, forse mormorò un addio al mare di ulivi che circondano il paese, e se ne andò per sempre.
Ma non si accorse che, prima di chiudere la porta, un gatto entrò nel palazzo e lì rimase, aggirandosi solo, come un fantasma a quattro zampe, per le stanze dai mobili eleganti e i ritratti dai volti austeri.
Passarono i giorni, e forse la fame e la sete gli fecero scendere i molti scalini scolpiti nella pietra che portavano alla grotta, alla stanza sotterranea, asciutta e di aria purissima, dove nelle botti si conservava il vino, e il formaggio in una madia, scavata anch’essa nella pietra.
Forse mangiò i residui di formaggio e in mancanza di acqua bevve i fondi di vino che gocciolavano da una botte. Forse.
A me piace pensare che si lasciò trasportare da una dolce ebbrezza e così si addormentò per sempre, ai piedi di una botte di legno.
Dopo più di quarant’anni, il mio amico Renato Vivaldi e l’Associazione Culturale Sabinarti aprirono il palazzo e lo convertirono in una residenza per artisti.
Il gatto è ancora lì, mummificato, addormentato per sempre ai piedi di una botte. Nel suo silenzio ascolta le voci di artisti finlandesi, cechi, brasiliani, colombiani e di altre nazionalità, che giungono al palazzo per godersi il sereno paesaggio di boschi e uliveti, e ispirarsi.
E la dimora, come non poteva essere altrimenti, si chiama ora Palazzo del Gatto”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero