Rieti, Luis Sepúlveda e il soggiorno
dall'amico a Casaprota
Il suo racconto sabino inedito

Luis Luis Sepúlveda a Casaprota
di Samuele Annibaldi
5 Minuti di Lettura
Venerdì 17 Aprile 2020, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 11:01

RIETI - Luis Sepúlveda Calfucura, questo il vero nome dello scrittore cileno morto ieri in Spagna a 70 anni  a causa del coronavirus. In Sabina ha lasciato un pezzo del suo grande “testamento culturale”. Una piccola favola, inedita, dedicata a Casaprota, paese che era solito frequentare  ogni qual volta veniva a Roma o Rieti  (l’ultima volta due anni fa) ospite del suo amico d’infanzia, anche lui cileno, Renato Vivaldi,  architetto che vive in Sabina da tantissimi anni, dopo essere venuto via in un momento buio della storia del suo Paese segnato dal regime e che ha preferito gli uliveti e la pace nelle campagne di Casaprota.

La storia
Luis Sepúlveda, nel 2016 partecipò alla manifestazione Liberi sulla carta a Farfa, la grande kermesse dell’editoria indipendente, e poi soggiornò a Casaprota dal suo amico Renato tra i padri fondatori dell’Associazione culturale Sabinarti ed è lì, quando visita il Palazzo del Gatto, sede e fucina di mostre ed eventi culturali, laboratori e residenze per artisti, che gli viene l’idea. “Luis Sepúlveda visita il Palazzo del Gatto e nasce una storia. O forse la storia era lì, e aspettava Luis per essere raccontata” è stato scritto successivamente al dono lasciato come testimonianza del passaggio del grande scrittore e giornalista.

Il ricordo dell'amico d'infanzia
Il ricordo dell’amico d’infanzia Renato Vivaldi è riassunto nel suo bel post col quale saluta per l’ultima volta Lucho, come era solito chiamarlo nelle belle e lunghe conversazioni a tavola o al Bar del paese di un altro amico, Emanuele Micarelli (nella foto una loro riunione).  
 
A nome dell’associazione culturale Sabinarti, Renato Vivaldi ha annunciato la notizia della morte di Luis Sepúlveda il quale oltre ai tanti scritti, libri, poesie e romanzi che ha lasciato  da Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, a Patagonia express fino al celebre Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, lascia l’inedito “Un gatto e l’arte” che il suo amico ha voluto ricordare e rendere noto il giorno della sua scomparsa.
 
“Oggi il nostro amico Luis Sepúlveda è volato via - scrive Renato Vivaldi - proprio lui che ci ha insegnato a volare. Un combattente che narrava storie, con passione e delicatezza, che dava voce a chi voce non aveva, che amava il cibo e il vino buono. Lo vogliamo ricordare con un racconto che ha scritto qui a Casaprota, dopo aver visitato il Palazzo del Gatto. Ciao Lucho, che il cielo ti sia lieve”.

Il racconto inedito

                                                                               Un gatto e l’arte

                                                                              di Luis Sepúlveda


“Una volta, più di quattro decadi fa, un borghese un tempo facoltoso chiuse definitivamente le porte del suo palazzo a Casaprota, un tranquillo borgo della Sabina, molto vicino a Roma e molto lontano nel tempo. Chiuse la porta dietro ai suoi passi, forse mormorò un addio al mare di ulivi che circondano il paese, e se ne andò per sempre.
Ma non si accorse che, prima di chiudere la porta, un gatto entrò nel palazzo e lì rimase, aggirandosi solo, come un fantasma a quattro zampe, per le stanze dai mobili eleganti e i ritratti dai volti austeri.
Passarono i giorni, e forse la fame e la sete gli fecero scendere i molti scalini scolpiti nella pietra che portavano alla grotta, alla stanza sotterranea, asciutta e di aria purissima, dove nelle botti si conservava il vino, e il formaggio in una madia, scavata anch’essa nella pietra.
Forse mangiò i residui di formaggio e in mancanza di acqua bevve i fondi di vino che gocciolavano da una botte. Forse.
A me piace pensare che si lasciò trasportare da una dolce ebbrezza e così si addormentò per sempre, ai piedi di una botte di legno.
Dopo più di quarant’anni, il mio amico Renato Vivaldi e l’Associazione Culturale Sabinarti aprirono il palazzo e lo convertirono in una residenza per artisti.
Il gatto è ancora lì, mummificato, addormentato per sempre ai piedi di una botte. Nel suo silenzio ascolta le voci di artisti finlandesi, cechi, brasiliani, colombiani e di altre nazionalità, che giungono al palazzo per godersi il sereno paesaggio di boschi e uliveti, e ispirarsi.
E la dimora, come non poteva essere altrimenti, si chiama ora Palazzo del Gatto”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA