Mafia, Minniti: «Un patto tra i partiti per non accettare i voti dei boss»

Il ministro dell'Interno Marco Minniti
Si è conclusa con una richiesta accorata, del ministro dell'Interno, Marco Minniti, a tutti i partiti di un «patto solenne, pubblico in cui dicano che rifiutano i...

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Si è conclusa con una richiesta accorata, del ministro dell'Interno, Marco Minniti, a tutti i partiti di un «patto solenne, pubblico in cui dicano che rifiutano i voti della mafia» la due giorni milanese degli Stati

generali della lotta alle mafie a Milano. Un appuntamento a quasi trent'anni di distanza (e il presidente del Senato Pietro Grasso lo ha rimarcato) dalla sentenza della Corte d'assise di Palermo, il 16 dicembre del
'87, che inflisse 19 ergastoli e 2.665 anni di reclusione al termine del primo maxiprocesso in cui fu «la prima volta in cui la magistratura dimostrò l'esistenza di Cosa Nostra».

E anche se da allora sono stati fatti tanti passi avanti, «la battaglia per la legalità ha avvisato - è tutt'altro che terminata non solo a livello nazionale ma mondiale», considerando anche i «collegamenti con il terrorismo». Ecco perché, ha aggiunto Minniti, «mai come ora c'è bisogno di una super Procura europea per superare la troppa disomogeneità e frammentazione».

La due giorni, a Palazzo Reale, che ha visto anche la partecipazione del presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, e di numerosi magistrati, è sintetizzata nella Carta di Milano. Un documento che, come spiegato dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ideatore degli Stati generali, contiene «tutte le misure, prevalentemente non penali, di interventi di contrasto alla mafia».

Perché per il ministro, «la mafia si contrasta facendo funzionare bene i servizi, con una pubblica amministrazione trasparente e costruendo uno stato sociale là dove è più arretrata, e facendo in modo che la giustizia abbia gli strumenti organizzativi adeguati. Non più nuove norme - ha aggiunto -, perché oggi la magistratura ci ha
detto che quelle esistenti sono adeguate».

Anzi procuratori della Repubblica come quello di Milano Francesco Greco e quello di Roma Giuseppe Pingitore hanno invitato a una moratoria legislativa e a non toccare il 416 bis (che invece il vicepresidente del Csm Legnini sarebbe pronto ad attualizzare).

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Il Messaggero