Ravenna, vendono sui social vestiti taroccati: 68 denunciati, mentre i clienti rischiano la multa

Ravenna, vendono sui social vestiti taroccati: 68 denunciati, mentre i clienti rischiano la multa
Capi d'abbigliamento falsi, venduti attraverso i social network. Indumenti delle griffe più costose "taroccati" e piazzati online su tutto il territorio...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Capi d'abbigliamento falsi, venduti attraverso i social network. Indumenti delle griffe più costose "taroccati" e piazzati online su tutto il territorio nazionale a prezzi stracciati. Il bilancio dell'inchiesta della Guardia di finanza è di 68 persone denunciate: 10 fornitori e 58 rivenditori. L'operazione è stata ribattezzata "Quattro Chiacchiere", dal nome di uno dei gruppi Whatsapp usati per vendere la merce. I 104 clienti residenti in tutta l'Italia rischiano la contestazione della violazione amministrativa prevista per l'incauto acquisto: una sanzione che va da 100 a 7.000 euro. Dalle indagini è emerso che il fatturato del giro ammontava a oltre 600mila euro, completamente in nero, frutto di un anno e mezzo di lavoro.


Gli accertamenti sono partiti dopo una perquisizione disposta dal pm Lucrezia Ciriello, della procura di Ravenna, in casa di una donna di Riolo Terme, denunciata per avere smerciato i vestiti contraffatti. I militari, partendo da lei, hanno ricostruito un'estesa rete di rapporti tra fornitori di capi di abbigliamento taroccati nelle province di Napoli e di Salerno, e hanno individuato molti rivenditori sparsi in Italia. Per pubblicizzare la merce erano state create vetrine virtuali su Facebook. Sulla bacheca del social, venivano mostrati i capi di vestiario e indicati i vari prezzi. Il cliente interessato contattava poi il rivenditore via Whatsapp per definire l'acquisto. Dopo il pagamento, partiva la spedizione. Il sistema era stato congegnato in modo tale da preservare la riservatezza dei fornitori: ai fattorini incaricati della consegna del pacco veniva comunicato un indirizzo fittizio del mittente.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero