Gli accertamenti sono partiti dopo una perquisizione disposta dal pm Lucrezia Ciriello, della procura di Ravenna, in casa di una donna di Riolo Terme, denunciata per avere smerciato i vestiti contraffatti.
I militari, partendo da lei, hanno ricostruito un'estesa rete di rapporti tra fornitori di capi di abbigliamento taroccati nelle province di Napoli e di Salerno, e hanno individuato molti rivenditori sparsi in Italia. Per pubblicizzare la merce erano state create vetrine virtuali su Facebook. Sulla bacheca del social, venivano mostrati i capi di vestiario e indicati i vari prezzi. Il cliente interessato contattava poi il rivenditore via Whatsapp per definire l'acquisto. Dopo il pagamento, partiva la spedizione. Il sistema era stato congegnato in modo tale da preservare la riservatezza dei fornitori: ai fattorini incaricati della consegna del pacco veniva comunicato un indirizzo fittizio del mittente.
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