Guerra e Pokemon Go, quell'appello dei bimbi siriani

Guerra e Pokemon Go, quell'appello dei bimbi siriani
Le immagini sono di quelle che, come si dice, non hanno bisogno di commento e proprio senza commenti hanno fatto il giro del mondo, twittate e ri-twittate milioni di volte. Sullo...

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Le immagini sono di quelle che, come si dice, non hanno bisogno di commento e proprio senza commenti hanno fatto il giro del mondo, twittate e ri-twittate milioni di volte. Sullo sfondo di ognuna di esse ci sono le rovine di una guerra che dura da 5 anni . In primo piano c’è invece un bambino, ovviamente siriano, che regge in mano il disegno di un Pokemon accompagnato dalla scritta «venite a catturare noi, venite a salvarci». Il messaggio è rivolto a tutti coloro, e sono milioni e milioni, che in un modo o nell’altro si sono lasciati conquistare dal nuovo gioco in “realtà aumentata”, cioè da Pokémon Go. Chiunque sia diventato genitore negli anni ‘90 e chiunque in quegli anni sia nato conosce i Pokémon, agli altri basterà segnalare che i Pok


In primo piano c’è invece un bambino, ovviamente siriano, che regge in mano il disegno di un Pokemon accompagnato dalla scritta «venite a catturare noi, venite a salvarci». Il messaggio è rivolto a tutti coloro, e sono milioni e milioni, che in un modo o nell’altro si sono lasciati conquistare dal nuovo gioco in “realtà aumentata”, cioè da Pokémon Go. Chiunque sia diventato genitore negli anni ‘90 e chiunque in quegli anni sia nato conosce i Pokémon, agli altri basterà segnalare che i Pokémon sono creature immaginarie, mostriciattoli disegnati con il tipico tratto dei fumetti giapponesi, protagoniste di videogiochi, di cartoni animati, di giochi di carte e di molte altre forme di intrattenimento. Vent’anni dopo l’uscita del primo videogioco Pokémon, agli inizi di luglio è stato lanciato appunto Pokémon Go, un gioco per smartphone che, grazie ai sistemi di geolocalizzazione dei nostri telefonini, fa apparire i piccoli mostri nei luoghi dove noi ci troviamo, nella realtà stessa che stiamo attraversando: vedi il Pokémon per strada (o meglio, sullo schermo del tuo telefono che sta inquadrando la strada), lo catturi muovendoti verso di lui, se vuoi lo addomestichi, e incrementi il tuo punteggio.

Chiarito il quadro di riferimento di questa operazione, possiamo fermarci a riflettere sui molti significati che essa assume. Tra tutte le immagini diffuse ce n’è una che si differenzia dalle altre, in questa il bambino non ha in mano il disegno, ma siede accanto alla grossa sagoma (non si sa se di cartone o incollata con Photoshop) di un Pikachu (il più famoso dei Pokémon) in lacrime; quelle lacrime sono le stesse che noi tratteniamo a stento guardando quelle fotografie di infanzia oltraggiata dalla guerra. Ma appena asciughiamo quelle lacrime, ci accorgiamo che questa «campagna di sensibilizzazione» è forse un altro modo per fare la guerra con i bambini, sì, perché a lanciarla non è stata un’organizzazione umanitaria, ma l’organo di comunicazione delle forze rivoluzionarie siriane, cioè una delle tante parti coinvolte direttamente nel conflitto.

Gli unici innocenti sono proprio i bambini ritratti ed è fin troppo ovvio, anche per un ateo come me, pensare a ciò che dice il Vangelo di Matteo al capitolo 18: «Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”». Diventare come quei bambini, riuscire a capire come si riesca a portare tutto il peso della morte, della distruzione, della paura su due gracili spalle di otto e dieci anni; forse se agli adulti, a tutti gli adulti, fosse data questa possibilità, la fine di quella e di tutte le altre guerre sarebbe più vicina.

Purtroppo questo tipo di empatia non ci appartiene; riusciamo sì a diventare come bambini, ma nel modo più deteriore, riusciamo a “rimbambirci” giocando col nostro smartphone a catturare creature inesistenti. Ma, in fondo, hanno ragione quelli che sostengono che se anche tutti i milioni di giocatori smettessero di colpo di cercare i Pokémon per tornare occuparsi di cose più serie, non un solo bambino siriano ne trarrebbe giovamento.

L’ultima riflessione che quelle foto mi suscitano è probabilmente la più amara: dal 3 luglio (data di lancio di Pokémon Go negli Usa) a oggi, intorno a quel gioco si è creata una comunità enorme, sterminata, una comunità che non conosce confini nazionali e che, in un tempo piccolissimo, è riuscita a individuare intenti collettivi, una comunità che arriva a penetrare persino l’orrore della guerra. Da quasi cent’anni, prima con la Società delle Nazioni, poi con l’Onu, la politica internazionale sta cercando di fare la stessa cosa, e non ci riesce. Le Nazioni Unite sono diventate molto più fantasmatiche delle creaturine nipponiche, così irrilevanti nella soluzione dei conflitti, così aliene alla vita quotidiana che molti giovani potrebbero pensare che Ban Ki-moon sia un Pokémon: se lo è, vuol dire che è infinitamente meno potente di Picachu.
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Il Messaggero