Le lacrime di Giovanna, vedova della crisi: «Andrò avanti, lo devo all'amore che ho avuto per mio marito»

Le lacrime di Giovanna, vedova della crisi: «Andrò avanti, lo devo all'amore che ho avuto per mio marito»
Giovanna Temperanza ancora non ce la fa. Non può, non ci riesce ad accettare quel gesto, vigliaccheria, forse coraggio, più semplicemente rassegnazione, «la disperazione io e...

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Giovanna Temperanza ancora non ce la fa. Non può, non ci riesce ad accettare quel gesto, vigliaccheria, forse coraggio, più semplicemente rassegnazione, «la disperazione io e mio marito l’avevamo sempre condivisa in due», dice e cerca di farsi forza e ora invece lei è sola, sola a lottare anche per lui.




Giovanna Temperanza è una vedova, una vedova della crisi. Una di quelle tante, troppe donne vittime della recessione, della solitudine, dei conti in rosso e delle banche che non ti fanno più credito. Una che fino a tre giorni fa aveva un marito e aveva ancora la voglia di lottare. Poi domenica mattina, suo marito Roberto Mollisi, 68 anni, ha deciso che non ce la faceva più: si è sparato nel suo ristorante a Riparbella, in provincia di Pisa, una piccola osteria a gestione familiare.



Lì dove avevano lavorato tutta la vita, visto crescere i loro due figli, costruito una casa, un futuro. Lì, dove negli ultimi tempi tutto era diventato più difficile e avevano dovuto licenziare cuoco e camerieri, lavorare «15 ore al giorno, sabato e domenica, nei giorni di festa, senza ferie, vacanze, riposi», perché a casa qualche soldo bisognava portarlo, anche pochi spiccioli, ma si doveva andare avanti. Già si doveva. E invece Roberto Mollisi è morto d’impresa. Di quel male che negli ultimi anni sta facendo vittime in tutta Italia.



Accanto al suo corpo, suo figlio, il primo a scoprire il cadavere, ha trovato un biglietto, «chiedo scusa a mia moglie e ai miei figli». Poche parole, tanto è bastato a Giovanna per capire che Roberto non ce la faceva più, lui che una vita prima ce l’aveva, e pure una speranza, un futuro ma poi è arrivato il fisco, Equitalia, le multe, i debiti che lievitano, i crediti congelati, l'attività che va male, il lavoro da togliere, la pensione che non basta per campare. «Roberto era tutto - dice Giovanna e non ci sono parole per descrivere il suo dolore - Eravamo sposati da 42 anni ed eravamo una famiglia felice con tutti gli alti e bassi che possono esserci nella vita».



Difficile ora accettare quel gesto, troppo facile trasformare il dolore in rassegnazione. Ma Giovanna non ha intenzione di mollare e a tutte le donne che come lei, un giorno qualunque, si sono ritrovate sole, dice «facciamoci forza e andiamo avanti, facciamolo per l'amore che abbiamo avuto per i nostri mariti». Si rimbocca le maniche e la vita e apre un nuovo capitolo: «Riaprirò il ristorante di Roberto, anche grazie alll'aiuto che ho avuto dal prefetto Francesco Tagliente».



«Quando ho incontrato la signora Giovanna e ho capito che aveva deciso di chiudere la sua attività - spiega il Prefetto - ho convocato in via straordinaria il Servizio di ascolto e sostegno che abbiamo aperto da un mese nella Camera di Commercio di Pisa, attivato proprio per dare sostegno a tutti coloro che si trovano in difficoltà. Abbiamo convinto la signora a non chiudere il ristorante. E l’abbiamo messa in condizione di poter lavorare nuovamente. Gli è stata data la possibilità di poter utilizzare le due autovetture sottoposte a "fermo amministrativo" da Equitalia, ritenute indispensabili per l'esercizio della sua attività e una pausa temporale per poter onorare i debiti». Così la prossima settimana, il 14 novembre, con una grande cena dove parteciperanno autorità, il Prefetto, uomini dei Carabinieri e della Polizia, il ristorante di Roberto e Giovanna riaprirà. Uno schiaffo alla crisi. E alle sue vittime. Grazie anche all’appello fatto a tutti i cittadini: «per aiutare questa apprezzata cuoca nel primo periodo di riavvio dell'attività di ristorazione ho invitato tutti coloro che si riconoscono sensibili alle tragedie umane ad andare a cena al suo ristorante a Riparbella, località Melatina, sulla strada che porta da Cecina a Volterra - spiega ancora Tagliente - perché queste persone non vanno lasciate sole. Non si muore di crisi, ma di solitudine». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero