GENOVA Anche Gino Paoli finisce nella tenaglia della Guardia di finanza: il cantautore è indagato dalla procura di Genova per una presunta evasione pari a ottocentomila euro, la...
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L’ILLECITO
L’illecito del cantautore, emerso in modo accidentale, non riguarderebbe dunque l’affaire Carige. Secondo la Guardia di finanza, l’unico legame potrebbe essere il Centro fiduciario della banca: uno strumento strategico nelle mani dell’ex dirigenza per tutelare alcuni clienti importanti nelle operazioni finanziarie più delicate. Il reato ipotizzato, in questo caso, è riciclaggio.
Lo studio di Vallebuona, consulente dell’ex presidente di Carige Giovanni Berneschi, era sottoposto a intercettazioni ambientali e in questo modo sarebbe venuta a galla anche la presunta frode del cantautore. Un trasferimento verso Lugano di due milioni di euro, mai rimpatriati con lo scudo fiscale e di cui non c’è traccia nella dichiarazione dei redditi del 2009 dell’artista. Resta da capire, e da dimostrare, verso quale banca svizzera avrebbero preso il volo.
IL QUADRO
Insieme a Paoli, sono indagati anche la moglie Paola Penzo e due soci del cantante, ma non il commercialista: «Il mio cliente - ha detto l’avvocato Romano Raimondo - precisa di avere avuto un breve rapporto professionale con il cantautore nei primi mesi del 2014. Paoli lo aveva contattato per un incarico relativo a interessi economici della sua famiglia, nel territorio dello Stato. Successivamente aveva accennato a un possibile rientro di capitali dall’estero. Un discorso che poi è finito lì».
Oltre alla sua abitazione sulle alture di Genova, la Guardia di finanza ha perquisito anche tre società domiciliate presso la “Sis data” e intestate a Gino Paoli, attuale presidente della Siae. Proprio il suo ruolo istituzionale al vertice della Società italiana degli autori ed editori lo ha esposto alle critiche del Movimento 5 Stelle, anche se l’amico di vecchia data Beppe Grillo finora ha scelto di rimanere nell’ombra:
«Aspettiamo che la magistratura faccia il suo corso, ma le notizie riportate dalla stampa ci inducono a chiedergli di valutare seriamente le dimissioni dalla sua carica - è la formula, prudente ma chiara, con cui il gruppo del M5S alla Camera ha sferrato il suo attacco - mentre la magistratura indaga su Paoli, migliaia di artisti non ricevono i compensi che gli spetterebbero, perché trattenuti dalla Siae che li utilizza anche per compiere operazioni finanziarie».
Solo ieri, l’autore di successi come “Il cielo in una stanza” e “Senza fine” esultava per una sentenza contro le copie private di album e cd: «Viva il Consiglio di Stato. Viva il diritto d’autore».
Una tutela spassionata della legalità che oggi cozza con la scomoda immagine di evasore fiscale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero