Genova, il giallo delle bombole di acetilene: e il Mit decapita la Commissione

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GENOVA Ricostruire l'intera struttura di Autostrade per l'Italia. E soprattutto sapere chi prende in mano e valuta i documenti che arrivano all'ufficio manutenzioni, e dunque chi sapeva dell'analisi affidata al Politecnico di Milano che aveva evidenziato il logoramento degli stralli dei piloni 9 e 10 e chi ha fissato i tempi dell'intervento.


IL VERBALE
Sono domande precise quelle che il Primo gruppo della Guardia di finanza di Genova ha fatto, due giorni fa e ieri, ad alcuni dirigenti dell'azienda controllata dalla famiglia Benetton. Le prime dichiarazioni ad essere state messe a verbale sono quelle di Michele Donferri Mitelli, direttore maintenance e investimenti d'esercizio di Autostrade. Un lungo verbale che ricostruisce l'intera storia dei lavori fatti e in programmazione sul viadotto Morandi crollato alla vigilia di Ferragosto. E la catena di comando delle decisioni.
Gli investigatori guidati dal colonnello Ivan Bixio nella sede di Autostrade anche ieri, per concludere le acquisizioni hanno parlato informalmente, senza sottoscrivere verbali, anche con altri dirigenti che sapevano quando e chi valutava gli interventi da fare sul Morandi. Ad esempio, Paolo Berti, numero tre di Aspi, capo della direzione Operations del gruppo e altre due persone, sempre tra i manager del gruppo, che hanno dato indicazioni sull'organizzazione aziendale. Oltre ai computer, tablet, posta elettronica e chat telefoniche memorizzate nel cervellone della sede di Firenze, le Fiamme gialle hanno anche preso la copia forense dei cellulari di quindici dirigenti di Autostrade: oltre a quella del presidente e dell'ad, alcuni dirigenti genovesi come il direttore del tronco ligure Stefano Marigliani e Riccardo Rigacci che guida l'area Liguria Piemonte.

IL NUOVO STUDIO
Dalla prima raccolta di documenti, sembra chiaro che l'azienda fosse piuttosto preoccupata dello stato di salute del ponte. A luglio scorso, aveva firmato una nuova convenzione con il Dipartimento di ingegneria civile dell'università di Genova, concentrato specificamente sullo studio dello stato di salute degli stralli del viadotto. Lo studio sarebbe dovuto partire a settembre, in teoria pochi mesi prima dei lavori di ristrutturazione già programmati per fine anno. Eppure, l'azienda aveva preferito firmare comunque la convezione specificando che, per maggiore certezza, chiedeva che allo studio non partecipasse il professor Antonio Brencich che si era già espresso in passato.

LA COMMISSIONE
Proprio Brencich ieri ha deciso di dimettersi dalla commissione ministeriale che valuta lo stato di salute del ponte, per ragioni di opportunità. È possibile che nei prossimi giorni la procura chieda chiarimenti a lui e agli altri che, a febbraio, valutarono per il ministero gli interventi sul ponte, a cominciare da Roberto Ferrazza. In serata arriva il comunicato di Toninelli che dimette il provveditore Roberto Ferrazza «secondo ragioni di opportunità in relazione a tutte le istituzioni».

Non tutte le tessere del mosaico sono a posto, anzi. Le prime analisi dei consulenti della procura dicono che il crollo del pilone 9 è stato anomalo per rapidità e tempi (circa 4 secondi dice il video più importante). Proprio per questo il procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio e i pm Walter Cotugno e Massimo Terrile stanno valutando i primi atti sui lavori in corso sul ponte. Secondo alcune testimonianze raccolte tra le ditte appaltanti, sotto al pilone crollato erano stoccate circa trenta bombole di acetilene, che servivano per la manutenzione in corso. Un'ipotesi tutta da verificare è che abbiano preso fuoco tutte insieme, causando una forte esplosione e quindi il crollo.

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Il Messaggero