«Evitare tentazioni di vendetta», «non perdere la testa». Il segretario di stato americano, John Kerry, non smette di esortare gli alleati europei a...
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Non è un mistero che al di là delle rassicurazioni ufficiali l'amministrazione Obama sia molto preoccupata dalle conseguenze che possono scaturire dal voto nel Regno Unito. La priorità numero uno - sottolineano i principali commentatori americani - è individuare chi rimpiazzerà Londra come «canale privilegiato» degli Usa all'interno dell'Unione europea. Una scelta che va fatta al più presto, perchè in ballo non ci sono solo gli aspetti economici e finanziari, ma anche quelli legati al ruolo della Nato e alle enormi sfide dell'Alleanza Atlantica, dal contenimento della Russia alla lotta all'Isis e la strategia in Siria. Tutti campi su cui finora Washington e Londra hanno sempre parlato con una sola voce. Non sempre così è stato con Berlino e Parigi, molto più diffidenti di Londra verso il ruolo degli Stati Uniti.
Nell'amministrazione statunitense si fanno i conti con la Germania della cancelliera Merkel, che ha ancora il dente avvelenato con Washington per lo scandalo del Datagate, che ha svelato come i vertici dello stato tedesco erano tra i soggetti intercettati, spiati dagli 007 Usa. Ma anche le posizioni tra amministrazione Obama e amministrazione Merkel non sempre sono state in sintonia di recente in politica estera, a partire dalla strategia per fermare le mire espansionistiche di Vladimir Putin. E non facile appare stringere i rapporti anche con Parigi che - come scrive il New York Times - troppo spesso ha mostrato di voler fare di testa sua, indipendentemente dalle posizioni Usa. Come nel caso dell'autonoma iniziativa presa di recente da Francois Hollande per riavviare i negoziati di pace in Medio Oriente. Poi c'è l'Italia, alleato affidabile ma - come sottolinea ancora il New York Times - «too broke», troppo al verde, senza risorse. E se la ricca Irlanda è invece troppo piccola, Paesi come la Polonia hanno un'affiliazione alla Nato ancora troppo 'giovanè. Insomma, un vero e proprio dilemma. Ma che andrà sciolto al più presto se gli Usa non vogliono perdere sempre più influenza Oltreoceano. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero