Assaltò l'ambasciata Usa a Teheran, oggi viene nominato all'Onu. Polemica a New York: «Negate il visto»

Hamid Abutalebi
NEW YORK – L’ambasciatore Hamid Abutalebi avrebbe le carte in regola per far proseguire e rafforzare i contatti diplomatici e i negoziati fra Stati Uniti e Teheran. Ma...

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NEW YORK – L’ambasciatore Hamid Abutalebi avrebbe le carte in regola per far proseguire e rafforzare i contatti diplomatici e i negoziati fra Stati Uniti e Teheran. Ma il 56enne diplomatico, scelto dall’Iran come nuovo inviato alle Nazioni Unite, ha un peccato originale che alcuni americani non sono disposti a perdonargli: è stato fra i giovani che nel 1979 presero parte all’invasione dell’ambasciata Usa a Teheran.




Sebbene negli anni da allora a oggi il laureato della Sorbona sia progressivamente diventato più moderato, quella sua partecipazione a uno degli atti più drammatici e condannati nella storia della diplomazia rimane come una macchia indelebile: “Sarebbe una disgrazia se il governo americano accettasse la richiesta di visto di Abutalebi” ha protestato Barry Rosen, uno dei 52 impiegati dell’ambasciata Usa che vennero presi ostaggio nel 1979. I 52 rimasero prigionieri per 444 giorni, dopo che una folla di giovani seguaci dell’Imam Khomeini violò la sede diplomatica come protesta per il fatto che gli Usa avevano dato asilo, per motivi medici, allo scià deposto.



Abutalebi dovrebbe occupare la poltrona di ambasciatore all'Onu, e sostituire l’uscente Mohammed Khazaee, un economista che ricopre il ruolo da sette anni. Abutalebi è stato scelto dal nuovo presidente, il pragmatico moderato Hassan Rouhani, con il quale l’Amministrazione di Barack Obama sta conducendo un negoziato sulla questione dell’arricchimento nucleare. Sebbene le trattative, che vedono impegnati i cosiddetti 5+1 (Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, cioé i cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, più la Germania) stiano procedendo lentamente, vari osservatori riconoscono che comunque stanno ottenendo dei risultati, per la prima volta in vari anni. E gli stessi analisti pensano che Abutalebi potrebbe dare una mano a spingerle avanti.



Il diplomatico è già stato ambasciatore in Italia, Belgio e Australia, e secondo fonti indipendenti politicamente appartiene all’ala moderata del suo Paese, anzi sarebbe anche amico all’ex presidente Mohammad Khatami, il cui ispirato progetto di creare una democrazia tollerante in Iran – che gli garantì una vittoria schiacciante nel 1998 – fu strangolato dalla resistenza invincibile dell’ala conservatrice. Abutalebi è vicino all’attuale presidente Rouhani, tuttavia non ci sono prove che abbia avuto un ruolo nel favorire le aperture di questi verso l’Occidente e il dialogo sul nucleare. Peraltro non ci sono neanche prove che all’epoca dell’invasione dell’ambasciata Usa a Teheran abbia ricoperto ruoli di importanza. Lui stesso sostiene di essere stato solo “un interprete” e di essere stato chiamato a fare quel lavoro vari giorni dopo che l’invasione del territorio diplomatico americano era avvenuta.



Alle Nazioni Unite, il portavoce del Segretario generale spiega che la concessione dei visti per l’ingresso negli Usa è “una questione bilaterale” che riguarda Teheran e Washington. Nell’ambito del suo ruolo come “Paese ospitante”, gli Stati Uniti dovrebbero concedere i visti ai diplomatici in visita alle Nazioni Unite, anche se in casi eccezionali possono rifiutarli, come avvenne nel 1988 con il leader palestinese Yasser Arafat, allora liquidato come “sostenitore del terrorismo”. E comunque i diplomatici di Paesi giudicati nemici, come appunto l’Iran, la Corea del Nord e la Siria, possono restare solo a New York e solo entro un raggio di 25 miglia da Columbus Circle, cioé dal cuore di Manhattan (25 miglia sono pari a 40 chilometri). Certo è che nel 1994 Abutalebi il visto lo ottenne, tant’è che poté venire in visita all’Onu come parte della delegazione iraniana.



Intanto a Washington la portavoce del Dipartimento di Stato, Marie Harf, ha riconosciuto che la nomina è vista “con preoccupazione”, ma non ha precisato se l’allarme Usa sia stato comunicato a Teheran. Dal canto loro, all’ambasciata iraniana al Palazzo di Vetro, gli iraniani si limitano a dire che “le nomine vengono ufficializzate solo dopo che tutte le formalità sono state espletate”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero