Un decreto che rischia di decadere e un ministro che minaccia di lasciare. Sono gli effetti di uno scontro durissimo nella maggioranza sulle trivelle. Il braccio di ferro sullo...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Ma la Lega replica tranchant: «Il Parlamento è sovrano, la decisione è politica». L'impasse sulle trivelle fa di nuovo arrivare a livelli di guardia le tensioni in maggioranza. Non solo le grandi opere come la Tav ma anche le nomine, a partire dalla Consob, sono bloccate (si starebbe vagliando un economista di alto profilo, oltre al nome M5s di Minenna). E il decretone su reddito di cittadinanza e quota 100, a una settimana dal varo, non è ancora stato bollinato dalla Ragioneria dello Stato: pesano problemi di coperture e il rischio per i saldi della manovra, che saranno oggetto di stretto monitoraggio nei prossimi mesi. Dal governo assicurano che entro giovedì sera il testo sarà al Colle per la firma.
Ma l'esame in Parlamento già promette scintille. Il caso trivelle, del resto, non è un precedente promettente. Si tratta da giorni. Per i Cinque stelle, a maggior ragione dopo aver ceduto sul Tap, fermare le trivelle è diventata questione di vita o di morte (politica). Ma la distanza dalla Lega è enorme: Salvini sarebbe favorevole a proibire le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa, come chiedeva il referendum (fallito) del 2016, ma non allo stop totale. A Ravenna, fanno notare, l'ingente aumento dei canoni che il M5s vorrebbe accompagnare alla sospensione dei permessi porterebbe la perdita di «migliaia di posti di lavoro». Perciò i leghisti bloccano la proposta di accordo che lunedì il M5s dava già per acquisita: sospendere per due anni - nelle more dell'adozione di un piano per la transazione energetica sostenibile - la ricerca di idrocarburi, lasciando proseguire la produzione per chi già avesse avviato quella che in gergo si definisce «coltivazione». Ma non basta alla Lega. C'è anche, denunciano, il rischio di ricorsi delle aziende per centinaia di milioni di euro. Anche l'ultima offerta M5s, che prevede di sospendere le concessioni non per 24 ma per 18 mesi, viene respinta. E il M5s a sua volta blocca un emendamento voluto dalla Lega per affidare alle Regioni, a scadenza delle concessioni, le grandi centrali idroelettriche.
Fonti M5s ipotizzano che possa saltare l'intero decreto semplificazioni, per il quale il tempo è agli sgoccioli: deve essere convertito in legge entro il 12 aprile o decade.
Il Messaggero