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«Meno convegni più cantieri». A sentire chi, ai vertici dell’esecutivo, sta stilando il programma per questo avvio di 2023, l’obiettivo di palazzo Chigi per gennaio sembra essere uno solo: «Iniziare a mettere a terra il Pnrr». Al netto del tentativo di rivedere i paletti nelle interlocuzioni con Bruxelles, da spendere ora ci sono 41 miliardi di euro, in gran parte legati alla materiale esecuzione delle opere.
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E così, garantiscono, entro la fine di gennaio verrà licenziato un decreto che muovendosi su due direttrici diverse punterà a semplificare al massimo gli iter autorizzativi. Cioè agirà sia in termini normativi che di governance. Affiancandosi peraltro, ad un primo ulteriore step nella riforma della Giustizia, ovvero l’abolizione o la riforma del reato di abuso d’ufficio.
IL PIANO
Nel dettaglio, per quanto riguarda la governance del Piano, il testo consoliderà nelle mani del ministro Raffaele Fitto le competenze necessarie. In altri termini, si procederà ad una riorganizzazione totale, con le unità di missione oggi presenti nei ministeri che saranno «quasi azzerate». Senza però fare tabula rasa. Se la struttura sarà senza dubbio più snella (anche sull’onda lunga del cosiddetto spoils system che dovrà concretizzarsi entro il 24 gennaio), l’idea di fondo è quella dotare di strumenti di «pressione» chi gestisce il Pnrr.
La formula è ancora in corso di definizione, ma tra le ipotesi più concrete c’è quella di assegnare obiettivi tangibili ai singoli dirigenti. Se questi non vengono rispettati, si ragiona sulla possibilità di consentire la sostituzione di chi non è riuscito a superare l’ostacolo che si è presentato. Oppure, in caso positivo, di individuare meccanismi premiali. Infine, per attrarre soggetti con competenze adeguate, ci sarebbe al vaglio anche l’idea di cancellare o riequilibrare il livellamento indifferenziato dei tetti retributivi. In altre parole, di innalzare il possibile stipendio dei manager che si troveranno a gestire le pratiche.
LE NORME
Del resto è stato proprio il premier, durante la conferenza stampa di fine anno, a chiarire che le priorità per l’inizio del 2023 sarebbero state «riforme, burocrazia, presidenzialismo e giustizia». E così, se di riforme e presidenzialismo si sta ampiamente parlando, e accantonando per un attimo il fronte burocratico “puro” relativo al Pnrr, l’esecutivo ha messo nel mirino anche la cosiddetta “paura della firma”. Con il medesimo orizzonte temporale di fine gennaio infatti, il ministero della Giustizia è al lavoro su un provvedimento per abolire - o almeno modificare - il reato di abuso d’ufficio. Un atto che è da intendersi come il primo della lunga serie di iniziative che ha in mente il ministro Carlo Nordio.
LA GIUSTIZIA
Il Guardasigilli, i due sottosegretari Andrea Delmastro e Francesco Paolo Sisto, e i tecnici di via Arenula si sono dati appuntamento per l’inizio della prossima settimana. I contorni però sono tutti da definire. Il punto di partenza, tanto secondo Nordio quanto secondo Sisto, è che attraverso un disegno di legge si arrivi alla cancellazione dell’articolo 323 del codice penale. Un reato «che ha portato a sole 27 condanne su 5.500 iscrizioni», come spiega una fonte vicina al dossier.
Un’idea che però incontra più di qualche resistenza, specie all’interno di Fratelli d’Italia. E quindi non è escluso che, a seguito dei colloqui, non si ragioni su una “semplice” modifica. Una correzione che invece comporterebbe la decadenza solo di alcuni elementi che caratterizzano il reato. In particolare nel mirino c’è il cosiddetto “abuso di vantaggio”.
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